sabato 25 maggio 2013

Aprite quella porta! Riflessioni sul fantastico.

Jean Giraud (Moebius)
Oggi è il giorno dell'asciugamano. Poiché non ho ancora letto Guida Galattica per Autostoppisti, mi salvo in corner con una citazione* e con un post sul fantastico, che potete tranquillamente leggere come un'appendice al mio resoconto sul Salone del Libro.

Si diceva, c'è stata la presentazione di Alia 6.
Si è parlato anche del fantastico.
Credo che tutti abbiano una definizione di cosa sia il fantastico in narrativa. Il contest 3Narratori era aperto a racconti di genere fantastico, ma qualcuno potrebbe chiedermi (e qualcuno l'ha fatto) che cosa intendessi con fantastico. Non è facile dare questa risposta, perché forse, me ne sto rendendo conto mentre scrivo, non ho mai considerato il fantastico un genere letterario. In Story Structure Architect, la Schmidt ricorda che la teoria dei generi è una baggianata - l'aggettivo lo metto io - dato che non esiste né è mai esistita una classificazione in grado di sopravvivere al mutare dei tempi e dei gusti dei lettori. Oggi diremmo che la narrativa fantastica è ripartita in tre generi: fantascienza, fantasy e horror. Tempo fa, avevo provato a scriverci un post - invero piuttosto imbarazzante a rileggerlo oggi - ma non mi ero neanche lontanamente avvicinato al nocciolo della questione, e ciò al di là di incroci, commistioni e storie impossibili da etichettare.

L'elemento fantastico è una rottura. Il fantastico si riversa quando viene violata, aggirata o modificata una legge. Questa legge può essere una legge di natura, ma anche una legge umana; a dirla tutta, può anche non essere prettamente una legge, basta che sia considerata come tale. Mi piace vederla come una porta che si apre, un varco improvviso nel nostro mondo. Cosa provoca la rottura? Non importa: qui sta il patto con il lettore, la sospensione del giudizio. Più interessante è osservare come si propaga questa intrusione, come si evolve la storia in un mondo che è stato contaminato dal fantastico. Lovecraft consigliava agli scrittori di "narrativa spaziale" di vincolare le loro storie al mondo reale, all'epoca attuale e a un contesto in cui il lettore si può riconoscere, in modo che sia più semplice accettare il compromesso. Oggi, se guardiamo alla fantascienza e alla fantasy, abbiamo casi piuttosto estremi, dove il contesto in cui la storia è ambientata è quasi** totalmente inventato: è il caso della trilogie post-tolkieniane e della space opera.

Però - c'è sempre un però - è facile classificare come fantasy una storia dove compaiano elfi, maghi e castelli medievali, mentre si avrebbe maggiore difficoltà ha posizionare La Metamorfosi di Kafka sullo stesso scaffale. Perché Kafka è un classico e i classici non si mischiano con la letteratura di genere, certo, anche se nessuno negherebbe che si tratta di una novella di genere fantastico. Questo mi ricorda un altro intervento alla suddetta presentazione, in realtà reperibile nell'introduzione di uno dei precedenti volumi di Alia, dove si elencavano gli autori italiani che si erano avventurati nei territori del fantastico. Così, senza scomodare Dante, incontriamo nomi come Pirandello e Verga - sì, proprio quel Verga verista che scriveva i discorsi diretti senza specificare il parlante per rendere la narrazione più realistica possibile! Ma tornando a Kafka, non posso fare a meno di pensare che l'essere un classico in qualche modo eleva un'opera, in quanto diventa classico chi riesce in qualche modo a raggiungere quel linguaggio universale che è in grado di parlare dell'umanità... agli umani. E anche ai Klingon, nel caso di Shakespeare.
Sui classici magari ci ritorniamo.

_________
*
Non vi sto a raccontare quali immagini escono, cercando "towel", quindi niente copertina!
**
Lo stampo è ovviamente la Terra, non ho ancora trovato casi di rottura totale. Stesso dicasi per la fantascienza; ricorderò sempre quando un amico mi fece notare che 

11 commenti:

  1. Si, è da ritornare sui classici, anche magari sul loro significato.

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  2. Un amico ti fece notare che...? :-)

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    1. Mentre scrivevo me lo sono dimenticato!
      C'entravano Asimov e le stagioni.

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  3. Forse non ci crederai ma in Università, per un esame di letteratura (!) mi sono trovata ad affrontare proprio il Fantastico come genere. Naturalmente l'esame era molto ristretto a un tipo di fantastico praticato nell'Ottocento da alcuni scrittori francesi tra cui Guy de Maupassant (con il racconto Le Horla) e altri due suoi connazionali, dei quali al momento mi sfugge il nome. Il saggio introduttivo al volume italiano di questi racconti definiva proprio il fantastico come 'rottura', anche se poi alla fine liquidava la fantascienza e la fantasy come 'letteratura di consumo', quindi non degna di essere annoverata tra i 'classici' del fantastico. :P

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    1. Non sapevo di Maupassant, ma dopo aver scoperto di Verga, non mi stupisce più nulla! Eh sì, che noi qua si legge solo narrativa d'evasione...

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    2. In effetti ne ho letto uno di Verga che potrebbe benissimo rientrare nella categoria del fantastico, mentre studiavo letteratura italiana contemporanea. Credo s'intitolasse Il castello di Aci Trezza, nella raccolta Tutte le novelle.

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  4. Postilla
    Ehm... però sono così stanca che la memoria mi fa cilecca ultimamente quindi non sono sicura che il titolo fosse proprio quello...

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    1. Credo si tratti de "I racconti del vecchio castello" o qualcosa di simile, una delle sue prime raccolte di novelle. (È ridicolo, su wikipedia è l'unico autore senza una bibliografia seria!) E neanche sul libro delle superiori sembra esserci chissà quale approfondimento... Insomma, qualcosa ci sarà! :D

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  5. Penso che il consiglio di Lovecraft andasse bene per il tipo di storie che scriveva lui. L'horror fa effetto come rottura del quotidiano, se un mondo è completamente fantastico, i "mostri" diventano banali come quelli dei giochi di ruolo fantasy.

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    1. Il giudizio di Lovecraft esclude un capolavoro come Dune e buona parte della fantascienza moderna. Trovo però che il giudizio, se interpretato alla luce di ciò che è stato pubblicato dalla sua morte a oggi, sia ancora valido. L'attenzione di HPL è sulle emozioni dei personaggi, e sul modo in cui esse possano fornire un appiglio al lettore che si addentra in un mondo molto distante dalla quotidianità. In questo senso, vadano le astronavi ma l'invenzione dev'essere segreta e in ogni caso partendo da un contesto in cui il lettore si possa riconoscere. Oggi uno scrittore può farci credere a ogni sorta di fantasia, purché la storia sia credibile e abbia una sua coerenza interna (ne discutevano giusto ai Delos Days). Lo scrittore non si pone più il problema come un tempo, se lo pone in modo diverso.

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