giovedì 23 febbraio 2017

Intervista a Stefano Tevini

Come promesso, pubblico oggi l'intervista a Stefano Tevini, autore di Testamento di una maschera, che ha gentilmente accettato di rispondere alle mie domande.
Buona lettura!

Ciao Stefano, grazie per la tua disponibilità e benvenuto! Ti andrebbe di presentarti brevemente come autore ai lettori del blog?

Buongiorno a tutti. Classe 1981, laureato in filosofia, lottatore di wrestling molto poco attivo e lettore compulsivo da una vita. Mi sono avvicinato alla scrittura una dozzina d’anni fa, con il collettivo Anonima Scrittori, amici ormai di lunga data con cui ho condiviso bellissime esperienze umane e artistiche. Nel 2012 arriva il mio primo romanzo, Vampiro Tossico, in cui il vampirismo viene paragonato alla tossicodipendenza e la non vita di chi viene morso è una morte sociale che deriva dalla bravata di una notte. Per il resto, che dire, mi godo la vita, sono guidato da una forte curiosità naturale e non mi tiro mai indietro di fronte a una nuova impresa.

Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici, non soltanto letterari, come scrittore?

Sicuramente Albert Camus, autore di grandissimo spessore umano e intellettuale, che dimostra quanto fine a sé stesso sia relegare la letteratura fantastica a infantile prodotto di consumo. Restando in Francia direi Jean Claude Izzo, autore noir marsigliese che con la vita fa l’amore facendoci a pugni al tempo stesso, la ama e la odia, un po’ come me. Per quanto riguarda i fumetti direi Will Eisner, per come rende gli elementi di sfondo parte attiva della narrazione, Frank Miller, per la potenza espressiva della narrazione stessa, in cui tira fuori il massimo dal singolo istante prima ancora che dal quadro complessivo, Tiziano Sclavi, perfetta fusione di pop e autoriale, e Grant Morrison, in grado di ingegnerizzare le idee massimizzandone le potenzialità. Amo poi certi concept album della musica italiana, lo stupendo Storia di un Impiegato, di Fabrizio De Andrè, vero e proprio racconto di un’epoca, Felona e Sorona de Le Orme, grandioso romanzo fantasy su disco, mentre verso l’estero direi The Wall e Wish you were here dei Pink Floyd, parliamo di dischi che parlano chiaro sul fatto che la narrazione è adattabile a qualsiasi mezzo, e con risultati strepitosi. Al cinema a apprezzo il lavoro dei Marvel Studios, in grado di ricreare l’epos dei fumetti in un grande universo condiviso.

martedì 21 febbraio 2017

"Testamento di una maschera" di Stefano Tevini

Che mi piacciano i supereroi, non è esattamente un mistero. Qualche anno fa avevo persino partecipato a un paio di round robin supereroistiche, e l'idolo della mia giovinezza, che spesso mi piace ricordare, indossa il mantello*! Così, quando mi è capitato sott'occhio questo Testamento di una maschera, romanzo di supereroi italiani, immersi nella nostra storia e cultura, mi sono affrettato a leggerlo armato di una sana aspettativa.

Prima però di parlarvene, vorrei farei un passo indietro, dato che di supereroi ne avevo già parlato a lungo, recentemente, con il pretesto di recensire l'ottimo Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. Senza troppi giri di parole, c'è la questione politica. In altre parole, se un supereroe è un uomo qualunque, oppure speciale, non importa, è cresciuto e vive in un preciso contesto sociale e culturale. Egli è parte della nostra storia e, a seconda della data di nascita, avrà avuto dei modelli positivi e negativi diversi. Avrà vissuto come ciascuno di noi, con le sue idee e simpatie (o antipatie) di fazione. Sarà stato di destra o di sinistra, apolitico, animalista, ambientalista, disinteressato o quant'altro vi venga in mente, tanto che forse il superpotere e la maschera non saranno stati per lui una distrazione sufficiente dalle problematiche della sua epoca. In altre parole, se il Dottor Manhattan di Watchmen accoglie la richiesta del presidente Nixon di scendere in campo durante la guerra del Vietnam, mi è sempre sembrato strano che il Superman di turno avesse sempre a che fare con super criminali e ben poco con i mali profondi della società in cui è cresciuto. Ma forse la mia impressione è condizionata da quello che viene trasposto oggi sul grande schermo.

Questa seconda premessa era necessaria per introdurre il romanzo di Tevini? Probabilmente no, ma come ho già anticipato le sue maschere non sono avulse dal nostro mondo ma, anzi, perfettamente inserite nella storia del nostro Paese.

Il testamento a cui si fa riferimento nel titolo è il primo filone del libro, in cui una vecchia maschera, che ha iniziato come giustiziere ed è finito per lavorare per l'Aegis, un'agenzia per il controllo dei suoi pari. Nelle sue confessioni, egli racconta tutti i retroscena di una storia parallela, in cui uomini e donne dotati di poteri o attrezzature straordinari hanno avuto parte in tutti i momenti significativi dell'ultimo secolo. Non in modo determinante, forse, perché gli avvenimenti principali sono gli stessi del nostro mondo, ma ci sono stati ed esistono. Per il loro controllo esiste una speciale forza di polizia, i reparti San Giorgio, e non è inusuali vederli all'opera, oggi, per combattere il crimine. Tuttavia, in passato, hanno partecipato guerre, contestazioni, repressioni ed è una condizione relativamente recente quella dello scarso coinvolgimento politico di queste persone - che poi è quello di cui parlavo poco fa, in altri termini.

L'altro filone, quello più romanzesco, in cui si inserisce questo lungo monologo, segue la storia di un particolare gruppo di maschere, i Vigilantes, che alla guida di Gabriele/L'Inquisitore si trovano alle prese con un villain dotato anch'egli di superpoteri, un confronto che li vedrà coinvolti in un finale in cui questi due filoni convergeranno. I Vigilantes sono persone normali, con un lavoro, alcuni persino una famiglia, e una storia credibile dietro le spalle. Il protagonista Gabriele/L'Inquisitore, per esempio, è un giornalista, mentre uno dei suoi compagni gestisce una palestra di sua proprietà, dove il gruppo ha la base. Manlio Gorgia, invece, la maschera il cui monologo accompagna le loro disavventure, è un generale e ha lavorato una vita per lo Stato. Se Gabriele, rispettivamente come giornalista e maschera, avrà a che fare magari con dei portaborse o con la polizia, Manlio racconterà fin da subito un coinvolgimento di ben altra portata.
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