Avevo già sentito parlare di questo libro prima di fare il proverbiale due più due e realizzare che l'autrice è a sua volta un'importante firma del fantasy. Sto parlando di Diana Wynne Jones, nota scrittrice inglese, e del suo The tough guide to Fantasyland.
Il sospetto che il fantasy sia un genere pieno di cliché sorge spontaneo la seconda o la terza volta che ci troviamo a leggere Il Signore degli Anelli, nonostante il nome in copertina sia differente. Più nello specifico, si è andata costituendo una corrente dominante di scritti ambientati in un medioevo fittizio popolato da draghi e stregoni, con l'occasionale erede al trono.
In modo simile, nel tentativo di redarre una sorta di enciclopedia del genere, la Jones si stupì di quanti elementi ricorrenti ci fossero in quei libri che andava censendo.
Dai dettagli più minuti ai principali momenti del "tour" a Fantasilandia, in questo libro la Jones ci illustra con leggerezza e spirito molti di questi elementi.
Per esempio, il fatto che solo all'oscuro signore sembra consentito avere un esercito.
O che ci sia l'obbligo di indossare un mantello ma nessuno abbia mai pensato di mettere le sue cose dentro uno zaino.
O che esistano tre tipi di volatili e pochissimi altri animali, salvo i cavalli che sembrano essere gli unici a riprodursi.
Per non parlare del rigidissimo codice dei colori per quanto riguarda i vestiti (e la carnagione), non conoscendo il quale si rischia davvero di coltivare una serpe in seno!
Questo libro è veramente una miniera di spunti per riflettere sia sull'originalità della storia che l'aspirante scrittore ha in mente, sia su quanto a volte basterebbe una seria documentazione a evitare di cadere nelle scelte più battute, sia nell'ambientazione sia nella caratterizzazione dei popoli e delle culture, e dell'eroe stesso.
A completare il volume, una mappa con le località più amene, come le montagne del nord (dove vivono i barbari del nord, appena sopra i barbari cosacchi), l'area dominata un tempo dall'impero decaduto, l'isola dei draghi e il mare interno. Guardandola mi sono stupito di quanti elementi ricorressero nelle mappe di altri romanzi letti.
L'approccio della Jones è piuttosto atipico. Anziché lanciarsi in una trattazione che l'avrebbe costretta ad affrontare, fin dall'inizio, questioni teoriche, ha scelto di disporre le voci in ordine alfabetico. L'impressione è quindi di trovarci di fronte a un dizionario del fantasy, o se vogliamo un'enciclopedia. Questo da una parte rende questo libro leggero e fruibile anche da chi non cerca un manuale di scrittura, d'altra parte non sono riuscito ad apprezzare appieno questo elenco di cliché. Il tono è spiritoso, ma più o meno a metà (su 200 pagine circa) ho iniziato a stancarmi da questo detto/non detto un po' da maestrina. Non posso fare a meno di chiedermi se questo libro possa interessare a qualcuno che non ha alcun interessi nello scrivere e nello scrivere fantasy. Per chi ricadesse in questa specifica categoria, invece, una lettura è consigliata.
Dopotutto, come dice Terry Pratchett, è "una indispensabile guida per chi si trovi bloccato nei reami della fantasia senza una spada magica al suo fianco".
Credo, ma non ne sono sicuro, che non sia mai stato tradotto.
Tornando ai luoghi comuni, se la Jones sembra scuotere silenziosamente la testa mentre elenca alcuni dei più beceri, non sono di per sé dannosi. Mi è capitato fra le mani un breve saggio sull'argomento di Ari Marmell in Writing Fantasy Heroes (editato da Jason Waltz), che ha un approccio decisamente più teorico.
Innanzitutto, li chiama tropi, parola che identifica qualsiasi figura retorica che comporta una traslazione di significato. Per esempio, descrivendo un cavaliere in armatura nera, con un elmo composto da ossa e una pesante ascia bipenne in mano, trasmetto al lettore l'idea di un "cavaliere nero" antitetico al paladino senza macchia. Questo particolare tipo di soluzioni può facilmente scadere nel cliché, ma Marmell cerca in poche paginette di convincerci che non è sempre così. L'importante, dice, è essere consapevoli di utilizzare una soluzione banale e cercare di renderla non banale.
Perché scegliere un tropo? Perché piacciono al pubblico.
Come lo rendo interessante? In vari modi, giocando con il lettore. Lo si può ingannare, creando false aspettative, oppure sfruttare il tropo con intento satirico.
Come evito che diventi un cliché? A questa domanda, purtroppo, non dà risposta. O meglio, appare chiaro che la risposta è soggettiva e legata al come e al perché si è scelto di utilizzare il tropo.
Se non ci hai riflettuto, si sottintende, è facile che un lettore esperto accantonerà la tua storia e passerà ad altro.
La conclusione, straordinariamente onesta, è che "non è impossibile per un autore costruire qualcosa di degno d'esser letto con un tropo". Non proprio rassicurante!
E voi, cosa ne pensate? Avete l'impressione che il fantasy anneghi fra i luoghi comuni, o conoscete qualche storia che ne fa uso in modo intelligente e originale? (O che ne sia lontana?)
In modo simile, nel tentativo di redarre una sorta di enciclopedia del genere, la Jones si stupì di quanti elementi ricorrenti ci fossero in quei libri che andava censendo.
Dai dettagli più minuti ai principali momenti del "tour" a Fantasilandia, in questo libro la Jones ci illustra con leggerezza e spirito molti di questi elementi.
Per esempio, il fatto che solo all'oscuro signore sembra consentito avere un esercito.
O che ci sia l'obbligo di indossare un mantello ma nessuno abbia mai pensato di mettere le sue cose dentro uno zaino.
O che esistano tre tipi di volatili e pochissimi altri animali, salvo i cavalli che sembrano essere gli unici a riprodursi.
Per non parlare del rigidissimo codice dei colori per quanto riguarda i vestiti (e la carnagione), non conoscendo il quale si rischia davvero di coltivare una serpe in seno!
Questo libro è veramente una miniera di spunti per riflettere sia sull'originalità della storia che l'aspirante scrittore ha in mente, sia su quanto a volte basterebbe una seria documentazione a evitare di cadere nelle scelte più battute, sia nell'ambientazione sia nella caratterizzazione dei popoli e delle culture, e dell'eroe stesso.
A completare il volume, una mappa con le località più amene, come le montagne del nord (dove vivono i barbari del nord, appena sopra i barbari cosacchi), l'area dominata un tempo dall'impero decaduto, l'isola dei draghi e il mare interno. Guardandola mi sono stupito di quanti elementi ricorressero nelle mappe di altri romanzi letti.
L'approccio della Jones è piuttosto atipico. Anziché lanciarsi in una trattazione che l'avrebbe costretta ad affrontare, fin dall'inizio, questioni teoriche, ha scelto di disporre le voci in ordine alfabetico. L'impressione è quindi di trovarci di fronte a un dizionario del fantasy, o se vogliamo un'enciclopedia. Questo da una parte rende questo libro leggero e fruibile anche da chi non cerca un manuale di scrittura, d'altra parte non sono riuscito ad apprezzare appieno questo elenco di cliché. Il tono è spiritoso, ma più o meno a metà (su 200 pagine circa) ho iniziato a stancarmi da questo detto/non detto un po' da maestrina. Non posso fare a meno di chiedermi se questo libro possa interessare a qualcuno che non ha alcun interessi nello scrivere e nello scrivere fantasy. Per chi ricadesse in questa specifica categoria, invece, una lettura è consigliata.
Dopotutto, come dice Terry Pratchett, è "una indispensabile guida per chi si trovi bloccato nei reami della fantasia senza una spada magica al suo fianco".
Credo, ma non ne sono sicuro, che non sia mai stato tradotto.
Tornando ai luoghi comuni, se la Jones sembra scuotere silenziosamente la testa mentre elenca alcuni dei più beceri, non sono di per sé dannosi. Mi è capitato fra le mani un breve saggio sull'argomento di Ari Marmell in Writing Fantasy Heroes (editato da Jason Waltz), che ha un approccio decisamente più teorico.
Innanzitutto, li chiama tropi, parola che identifica qualsiasi figura retorica che comporta una traslazione di significato. Per esempio, descrivendo un cavaliere in armatura nera, con un elmo composto da ossa e una pesante ascia bipenne in mano, trasmetto al lettore l'idea di un "cavaliere nero" antitetico al paladino senza macchia. Questo particolare tipo di soluzioni può facilmente scadere nel cliché, ma Marmell cerca in poche paginette di convincerci che non è sempre così. L'importante, dice, è essere consapevoli di utilizzare una soluzione banale e cercare di renderla non banale.
Perché scegliere un tropo? Perché piacciono al pubblico.
Come lo rendo interessante? In vari modi, giocando con il lettore. Lo si può ingannare, creando false aspettative, oppure sfruttare il tropo con intento satirico.
Come evito che diventi un cliché? A questa domanda, purtroppo, non dà risposta. O meglio, appare chiaro che la risposta è soggettiva e legata al come e al perché si è scelto di utilizzare il tropo.
Se non ci hai riflettuto, si sottintende, è facile che un lettore esperto accantonerà la tua storia e passerà ad altro.
La conclusione, straordinariamente onesta, è che "non è impossibile per un autore costruire qualcosa di degno d'esser letto con un tropo". Non proprio rassicurante!
E voi, cosa ne pensate? Avete l'impressione che il fantasy anneghi fra i luoghi comuni, o conoscete qualche storia che ne fa uso in modo intelligente e originale? (O che ne sia lontana?)
DIANA WYNNE JONES! La mia adorata! La mia musa! Mi basta leggerne il nome e mi parte la dopamina, madonna.
RispondiEliminaBeh, ovviamente Diana ha ragione u_u Infatti è adorata anche da Pratchett e Gaiman, che si discostano/parodizzano il fantasy classico.
L'ambientazione fantasy alla fine è sempre quella, non ci si prova neanche a renderla più interessante o a differenziarla dalla classica situazione simil-medievale con la magggia. Per non parlare di artefatti, cavalieri, maghi...
Sapevo che avresti apprezzato! Io invece, come sai, devo ancora leggere qualcosa scritto da lei.
EliminaSto leggendo le "Leggende di Earthsea" un'antologia di Ursula Le Guin, un eccellente esempio di fantasy originale e intelligente. Ma non è che sia così comune, nel genere... Il problema certamente è quello degli stereotipi divenuti un po' troppo facili da imitare, ma d'altro canto qualunque genere che abbia avuto successo si presta alla parodia, più o meno inconscia. La cosa interessante è che il fantasy nelle sue forme "canoniche" è già stato abbondantemente parodiato da autori come Donaldson o come Stasheff, ma noi in Italia ne sappiamo nulla o quasi e continuiamo a scriverne da inguaribili provinciali.
RispondiEliminaUltima cosa: personalmente ho una certa antipatia per il fantasy (fatta eccezione per il Military Fantasy, sul modello di Ash, di Mary Gentle), soprattutto perché non ho nessuna simpatia per l'epistemologia della "magia", intesa non tanto come protoscienza ma come meraviglioso a buon mercato. La realtà, come ci spiega la Le Guin, è che la magia ha una precisa disciplina e una rigidissima casistica, molto lontana da maghi e negromanti "denoantri". Scusa per lo sproloquio...
La magia è proprio uno di quegli elementi che può essere utilizzato in modo facile, basta pensare al "fuoco magico" nelle sue varie declinazioni! Non ho letto Earthsea ma da quanto ho capito dal film d'animazione deve molto alla tradizione, per esempio il discorso relativo al vero nome. Infatti mi stupisco d'essere riuscito a tollerare gli "effetti speciali" de "La Ruota del Tempo" di Jordan!
EliminaPer i fantasy che ho letto ho trovato un sacco di elementi in comune, forse troppi, le storie però bene o male (pur avendo anche quelle degli elementi comuni) mi attiravano e quindi ho letto volentieri il tutto.
RispondiEliminaQuesto libro non sarebbe male per me :) Anche se non sono così ben messo con la lingua inglese..
Secondo me ne vale la pena, perché oltre a cliché più ovvi ho trovato alcune osservazioni a cui non avrei mai pensato. Mi sento quindi di consigliartelo. L'inglese è semplice, anche se alcuni termini legati al medioevo possono risultare un po' ostici se non hai mai letto fantasy in inglese.
EliminaInteressante questo libro. Vero, comunque, che in giro la maggior parte del fantasy è un banale tentativo di imitare Il signore degli anelli. Poca voglia di riscoprire, poca esperienza di lettura, poco coraggio, anche, da parte degli editori di tentare nuove strade.
RispondiEliminaEffettivamente la banalizzazione e stereotipizzazione del fantasy ha prodotto molti problemi e più di una sotto-stimazione del genere fantasy. Ormai per molti Fantasy è solo quel genere con draghi, orchi e maghi sullo stile Shannara o Tolkien.
RispondiEliminaUna volta Fantasy era ben altro (e molto di più aggiungerei io)
Infatti. Purtroppo Tolkien ha avuto un'influenza tale che chi è venuto dopo si è sentito in dovere di emularlo, trovandoci così con decenni che si scrive la stessa storia. Con tutto il rispetto per il professore, che stimo moltissimo. Il problema sono gli autori di seconda (o terza) generazione.
EliminaSono sempre in ritardo :)
RispondiEliminaQuesto libro mi incuriosisce, sia perché la Jones mi piace molto sia perché sono perfettamente consapevole dei "luoghi comuni" e, lo ammetto,in fondo sono quello che cerco.
Per dire, un elfo lo voglio alto, con il mantello e le orecchie a punta ;)
Poi sono aperta alle novità, ci mancherebbe, ma in certi casi, proprio come i bambini, adoro le rassicurazioni.
Vedrò di reperirlo, questo libro.
E buon salone!
Allora non ti piacerebbero gli elfi di Pratchett, mi sa!
EliminaNé i miei...
Io intanto mi cercherò qualcosa della signora Jones.
Ti parla uno che non ha mai letto "Il signore degli anelli" e non ha mai avuto intenzione di farlo (e che quando lo hanno portato al cinema si è addormentato dopo 5 minuti).
RispondiEliminaSui luoghi comuni del fantasy ci si potrebbe scrivere un libro (e in effetti...) ma forse è proprio questo quello che cerca il lettore affezionato di quel genere, pur essendone consapevole e riuscendo anche a scherzarci sopra. Bisogna però ammettere che i cliché sono un po' dappertutto. Vogliamo parlare dell'horror? Ti butto giù una sceneggiatura in quattro e quattr'otto: una giovane coppia americana (con figlio e cane) si trasferisce in una nuova casa il cui prezzo, stranamente, è stato decisamente troppo basso rispetto agli standard del mercato. La prima notte si cominciano a sentire dei rumori, volano degli oggetti, poi notte dopo notte i fenomeni si moltiplicano. Lei è terrorizzata, lui nega l'evidenza e tratta la moglie come una pazza. Dopodiché il bambino viene risucchiato in un'altra dimensione e solo alla fine si riuscirà venire a capo del problema che, guarda caso, nasce dal fatto che la casa è stata costruita nel luogo dove un tempo c'era un cimitero indiano. Nel finale i componenti della famiglia riescono a fuggire dalla casa in fiamme e si abbracciano felici (ma senza un tetto). Scommetto se che mi metto davvero a girare un film del genere riesco ancora a riempire le sale...
... Oppure potresti scrivere un libro e venderlo agli aspiranti sceneggiatori!
EliminaGli elementi comuni nei vari fantasy che ho letto sono davvero tanti, soprattutto per quanto riguarda i romanzi post-Tolkeniani. Anche se mi sento, come dire... "rassicurata" immaginando di trovare all'incirca sempre la stessa minestra quando prendo fra le many un nuovo fantasy, non mi dispiacerebbe una dritta su dei titoli più originali da leggere! Anche perché da quando ho finito la saga di Eragon (si, ho avuto lo stomaco per farlo) ho sentito il bisogno di prendere una pausa e mi sono data ai gialli svedesi :P
RispondiEliminaIo lo stomaco non ce l'ho, dopo aver visto il film, con quel doppiaggio imbarazzante... Ehm... Ok, sì, volendo si può stilare una breve lista di fantasy lontano da Tolkien - anche se c'è chi l'ha già fatto e per giunta molto meglio di quanto potrei fare io.
EliminaCi penserò su!
Volevo leggere questo post appena è uscito, poi, non so come, sono passati undici giorni! Molto interessante però, tanti spunti su cui riflettere. Io non leggo molto fantasy e non ne scrivo (anche se le fiabe hanno qualche punto di contatto), però, mai dire mai.
RispondiEliminaMai dire mai! In effetti la prima è una lettura per appassionati di fantasy, preferibilmente scrittori. Nel secondo ci trovi suggerimenti che tornano utili per altri generi, ma è comunque poco indicato per la fiaba. Anzi, mi sa che sull'argomento sei tu la più esperta, o Marcella da un punto di vista di preparazione teorica!
EliminaSicuramente ne sa di più Marcella! Io ho fatto solo un piccolo corso di analisi della fiaba, ne leggo tante e ne scrivo un po'.
EliminaNe sai comunque più di me. ^^
EliminaSicuramente il fantasy è pieno di luoghi comuni: i "cattivi" vestiti di nero e dalle sembianze orripilanti, le armate infinite dei nemici che si scontrano con pochi, valorosi eroi al servizio del "Bene", il ragazzino di campagna che è il prescelto... ormai molta parte del fantasy ricicla sempre gli stessi elementi, e per questo da anni non trovo un romanzo fantastico che mi catturi veramente. C'è da dire che il cliché puramente replicato (la forma di luogo comune forse più diffusa) è diverso dal "topos", inteso come il tema o la figura di riferimento che, però, subisce una rielaborazione che lo rende originale. Dei cliché non abbiamo più bisogno, mente i topoi possono costituire ancora un'attrattiva...
RispondiEliminaUna grossa differenza la fa la consapevolezza con cui si usa questi elementi. Un quattordici-sedicenne che ha appena letto un fantasy a caso e si mette subito a scrivere la sua trilogia non potrà che cadere in un milione di cliché, senza rendersene conto. A me è successo, ma fortunatamente non sono mai arrivato oltre pagina 30. Di romanzi distanti dalla classica storia fantasy ce ne sono, non demordere!
EliminaPartirò da La ruota del tempo da te consigliata e da Le leggende di Earthsea, potrebbero fare al caso mio! :)
EliminaDal punto di vista dei tropi/topi/cliché, però, sappi che La ruota nel tempo non ne è esente. Se vuoi posso suggerirti qualcosa di più interessante per i "delusi" (e a costo zero!).
EliminaI consigli di lettura sono sempre ben accetti! :)
EliminaNon so perché questo commento mi era finito nello spam! :P
EliminaSecondo me puoi provare, se già non lo conosci, Sapkowski. Non è straordinariamente lontano dalla tradizione, ma pesca molto di più da mito e folclore e ha uno stile riconoscibile. Trovi qui (o altrove) un estratto messo a disposizione della Nord, che contiene due racconti interi e un capitolo (vabbè...)
Sui romanzi non metto la mano sul fuoco, ma i racconti, perlomeno quelli nel primo libro, mi sono piaciuti tantissimo!
Se posso, suggerirei "La foresta dei Mitago", di Robert Holdstock.
EliminaPuoi, puoi. Anzi, vado subito a vedere!
EliminaAppena ordinato. Grazie mille per il consiglio!
RispondiEliminaSpero che ti sia utile! ^^
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