Viviamo in tempi interessanti. Tempi in cui il posto fisso è noioso, gli sportelli bancari restano aperti in orario serale - per chi ha la fortuna di lavorare, in cui si scopre (come ogni anno) che dopotutto le mezze stagioni esistono ancora. Ci sono parole che vengono usate a sproposito, come "trascendentale" o "esponenziale", ma è una parola molto più semplice che viene continuamente bistrattata.
Questa parola è "normale".
Secondo la definizione corrente, normale è ciò che si riferisce alla consuetudine, all'ordinarietà, ciò che non è eccezionale. Esiste una distribuzione statistica che chiamiamo Normale perché rappresenta la distribuzione normale, appunto, dei dati in natura. Normale, quindi, denota un semplice stato di cose, quello più frequente in natura o in qualunque sistema stiamo considerando, e non ha nessuna connotazione di positività.
Perché dunque, se dico che qualcosa è "anormale", viene colto come un'offesa? Anormale è l'esatto contrario, non dovrebbe essere inteso in alcun modo come osservazione negativa. Dove sbaglio, se dico al mio prossimo che questa o quella cosa non è normale, o peggio ancora che lui (o lei) non lo è? In quale momento essere normali è diventato una virtù e deviare dalla normalità un male? Per capirlo, indossiamo gli stretti panni di una ragazzina: Jean Louise "Scout" Finch.
Questa parola è "normale".
Secondo la definizione corrente, normale è ciò che si riferisce alla consuetudine, all'ordinarietà, ciò che non è eccezionale. Esiste una distribuzione statistica che chiamiamo Normale perché rappresenta la distribuzione normale, appunto, dei dati in natura. Normale, quindi, denota un semplice stato di cose, quello più frequente in natura o in qualunque sistema stiamo considerando, e non ha nessuna connotazione di positività.
Perché dunque, se dico che qualcosa è "anormale", viene colto come un'offesa? Anormale è l'esatto contrario, non dovrebbe essere inteso in alcun modo come osservazione negativa. Dove sbaglio, se dico al mio prossimo che questa o quella cosa non è normale, o peggio ancora che lui (o lei) non lo è? In quale momento essere normali è diventato una virtù e deviare dalla normalità un male? Per capirlo, indossiamo gli stretti panni di una ragazzina: Jean Louise "Scout" Finch.
Oltre la siepe
Nell'Alabama degli anni '30 non era facile crescere per una ragazzina così straordinaria. La fittizia contea di Maycomb è situata nella provincia profonda di un'America depressa e lontana dal boom industriale. La gente è ignorante e la reputazione si misura con le generazioni che hanno abitato lo stesso luogo, fino alla guerra di secessione o a quella di indipendenza. Le tensioni razziali sono all'esasperazione e l'ignoranza diffusa. Scout è fuori dal contesto, perché grazie al padre Atticus e alla govenante Calpurnia - di colore, o come si usava dire all'epoca, negra. Ora, essere negri non era così distante dalla normalità. Solo qualche secolo prima, le potenze europee importavano forza lavoro dall'Africa per le colonie. Più faticoso è abituarsi all'idea che un negro possa essere non tanto un sottoposto quanto un cristiano come tutti gli altri. Nell'Alabama degli anni '30 i discendenti degli schiavi avevano una chiesa, i discendenti dei padroni bianchi un'altra.