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giovedì 19 dicembre 2013

Paul Auster - Follie di Brooklyn

Non è che avessi le idee ben chiare, quando Maria (leggete il suo contributo) lanciò in grande stile l'idea di un gruppo di lettura, né conoscevo buona parte degli autori proposti. Non sapevo quindi bene cosa aspettarmi, accettando non solo di leggere un libro di Paul Auster, emerito signor nessuno, e per di più di farlo in compagnia, a tappe prefissate e con l'impegno di discuterne con gli altri partecipanti. Non stupitevi quindi se non parlerò solo del libro, ma anche della mia esperienza di lettura collettiva.

Paul Auster è americano e scrive Follie di Brooklyn nel biennio 2003-2004. Il titolo è stato scelto tramite votazione, così come era emerso il suo nome. Non sono certo che sia il suo libro più riuscito, ma penso che sia abbastanza rappresentativo del suo stile e dei contenuti che è solito presentare. Il libro è un romanzo, che però è un contenitore di storie di cui il narratore non sempre è il protagonista. Nathan Glass, ex assicuratore sopravvissuto a un tumore, decide di trascorrere a Brooklyn gli ultimi anni della sua vita, lavorando a una raccolta di storie e aneddoti che intitola Il libro della follia umana. Non può immaginare che di lì a poco vivrà una serie di situazioni fuori dal comune - ma lo sono davvero? - a partire dall'incontro con il nipote Tom.

Giovane di belle speranze, Tom ha abbandonato il dottorato bruciando la tesi che ormai aveva assunto le dimensioni di un leviatano, e che forse ne ha divorato le energie. In seguito si trasferisce a New York, dove lavora per due o tre anni (vado a memoria) come tassista. Non è un lavoro semplice, per chi aveva scelto la letteratura come materia d'elezione, ma fortunatamente riesce a uscirne prima di esserne distrutto. Tom e lo zio Nat sono i due perni attorno a cui ruotano gli altri personaggi, che non sono meno memorabili. Occorre citarne uno in particolare: Harry Brightman, libraio nonché attuale datore di lavoro di Tom nel momento in cui decide di tornare nel mondo diurno. Il lettore non si illuda: Harry ha sì dato una svolta positiva alla vita di un giovane che se l'era quasi bruciata, ma è anche un mercante dalla parlantina sciolta e qualche scheletro nell'armadio. Harry lo abbiamo apprezzato tutti, nonostante le ombre. Anzi, forse proprio per le molte ombre, nonostante le quali riesce a brillare come il nome suggerisce.

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