Il discutibile titolo italiano |
"The blade itself incites to deeds of violence."
(Odissea, Omero)
Esporre la trama di un libro senza incorrere nell'odiato spoiler è un'impresa ardua. Lo è ancora di più quando sul piatto c'è una trilogia, perché bisogna impostare la trattazione dal punto di vista di chi si appresta a scalare una rampa di 1600 scalini - tante sono le pagine complessive.
La trama in breve: Bayaz, il Primo dei Magi* recluta un manipolo di valorosi per andare alla ricerca di un oggetto che potrebbe salvare il regno da un tenebroso nemico. Fin qui, potreste chiedervi dove sta l'originalità, soprattutto perché avete letto da più parti che Abercrombie in questi libri stravolge i decennali cliché del fantasy, ma andiamo un po' oltre.
Fin dal primo libro identifichiamo tre protagonisti. Logen Ninefingers, detto anche the Bloody-Nine, è un barbaro del Nord. "Barbaro" è la parola che userebbero i cittadini dell'Unione, ma egli stesso non negherebbe una certa avversione per la civiltà. Esiliato dal Re del Nord e perduta la speranza di rivedere i suoi amici, si dirige a sud dove incontra Bayaz, che decide di accompagnare nella sua ricerca. Non riesco a togliermi dalla testa che Logen assomigli troppo a Gatsu di Berserk... Sand dan Glotka, colonnello, è un veterano della guerra tra l'Unione e l'impero di Gurkhul. Rimasto storpio e menomato a causa delle torture subite, è diventato a sua volta un provetto inquisitore - è indubbiamente il personaggio che ho preferito. Vanitoso e gonfio di ingiustificato orgoglio, Jezal dan Luthar è un ufficiale dell'Unione che per tutto il primo libro cerca di vincere un torneo di scherma, da cui pare siano usciti la gran parte dei leader (di sangue nobile) del regno. Altri personaggi si aggiungono e accompagnano i nostri, ma per il momento mi concentrerei su questi.
"We should forgive our enemies, but not before they are hanged."
(Heinrich Heine)
La geografia del mondo di Abercrombie è a prima vista piuttosto semplice. Complice il fatto che per scelta - non sarà così nei libri successivi - non è presente nessuna mappa, le nozioni fondamentali sono facilmente riassumibili: il Nord a nord (appunto) e Gurkhul a sud, quel che rimane del Vecchio Impero a ovest e un arcipelago di mercenari e mercanti a est; al centro il territorio principale dell'Unione. Quest'ultima in verità controlla anche due città nel territorio di Gurkhul e province a ovest e a nord. Le tensioni tra le nazioni sono dovute proprio alle città controllate e alla provincia settentrionale, Angland, che all'insaputa della classe nobiliare dell'Unione, cresciuta come una massa di cretini** narcisisti, sono sotto minaccia di invasione fin dalle prime pagine.
La cartina noi ce la mettiamo lo stesso! |
La ricerca, quindi, e adesso anche la guerra. Già qui possiamo vedere elementi diversi che assumeranno maggiore o minore importanza a tempi alterni nel corso della narrazione. Nel mezzo ci sono le spade, naturalmente, ma anche le due leggi a cui, perlomeno alla prima, si fa riferimento nel titolo. Sono entrambe leggi legate all'uso della magia e grossomodo recitano:
- "Non toccare l'altro lato", la sorgente della magia che altro non è che il mondo demoniaco;
- "Non mangiare la carne degli uomini", per evitare spiacevoli conseguenze.
Le due leggi assumono concretezza solo nel terzo libro, ma apprendiamo che sono state dettate da colui che sigillò la porta tra il mondo degli inferi e il nostro, dando inizio all'era degli uomini. Regole sagge, che non sembra saggio disattendere, ma è inutile negarlo: tutto il romanzo regge sul fatto che qualcuno, forse poco saggio, sta proprio cercando di violarle!
"Last Argument of Kings"
("Ultima Ratio Regum", fatto iscrivere sui propri cannoni da Luigi XIV)
Non sono sicuro che assocerei la prosa di Abercrombie a quella di Martin. Certo, ci sono personaggi antipatici - Glotka è, per certi versi, simile a Tyrion Lannister - e scene forti, ma la storia e il modo in cui è costruita sono molto diversi. Abercrombie è, se possibile, molto più cinematico e sottopone il lettore a lunghe scene d'azione. Gli elementi spettacolari ci sono tutti: cadute dal precipizio, edifici pericolanti, inseguimenti sui tetti. Ci sono almeno due grandi battaglie, una delle quali mi ha ricordato David Gemmel, che nei suoi romanzi spesso riproponeva il modello Termopili (anche a lieto fine). Tra Martin e Gemmel, l'elemento in cui il britannico riesce a emergere è il modo in cui tratta i cliché.
Ora, non diciamo fesserie: questa trilogia è piena zeppa di cliché, ne ho citati solo alcuni. Eppure, nonostante possa dare l'impressione di qualcuno che "non ha una chiara idea di quali siano i luoghi comuni del genere" (recensione su GoodReads) egli mette a segno due o tre tiri uno in fila all'altro, tali da scuotere anche un lettore come me, che al 90% delle pagine già scuoteva un po' la testa. Ovviamente non posso rivelare ciò di cui parlo e preferisco neppure segnalarlo come spoiler. Si tratta proprio del modo in cui Abercrombie riesce a manipolare il lettore e a farlo fesso, benché a ben vedere segnali e ammiccamenti ce li propone fin dall'inizio. Aspettatevi quindi una lettura gradevole, che vi piacerà moltissimo se già vi piacciono Martin e Gemmell.
Quello che non va, se posso azzardare delle critiche, è la struttura di questa trilogia. La suddivisione in tre libri, e ciascuno di essi in due parti, in qualche modo forza la storia in una gabbia che non le calza sempre a pennello; lo si vede dalla lunghezza estremamente variabile dei capitoli e dalla comparsa (e scomparsa) dei personaggi, non sempre ben bilanciata. Inoltre, sia nel primo che nel secondo libro, ho trovato una delle sottotrame noiosa. Il fatto che ciò sia legato a un personaggio specifico non è necessariamente da buttare, perché Abercrombie fa spesso leva sulle aspettative del lettore, ma anche stasera mi viene da chiedermi se fosse davvero necessario allungare così tanto il brodo. Infine, ancora una volta, ci sono gli altri cliché, gli altri, quelli cioè su cui non c'è alcun gioco da parte dell'autore. Ero rimasto più che soddisfatto nel vedere Logen all'opera con un'accetta, c'era proprio il bisogno di dargli in mano una spada?
In conclusione, un'opera non indispensabile ma che regala numerose ore di intrattenimento in un mondo ben realizzato, con personaggi interessanti e motivazioni non banali. Penso però che non sia un caso se in molti affermano che i tre romanzi autoconclusivi siano scritti meglio. Non avendoli letti, posso solo aggiungere The Heroes nella mia lista dei desideri.
Se le anticipazioni non vi rendono isterici, potrebbe essere una buona idea iniziare dai libri riusciti meglio!
La trilogia (sopra) e i tre romanzi stand-alone |
Addendum personale
Aggiungo uno sciocco dettaglio. Quando stavo ipotizzando la mia... vediamo... la terza versione della mia Trilogia Fantasy, avevo questa bizzarra idea di una lunga divagazione nel secondo libro, in cui i protagonisti prendevano armi e bagagli per recarsi in una landa desolata e lontana, dove si trovava una antica città. Ho provato quindi uno strano senso di deja-vu a leggere una storia simile, pur descritta molto meglio di quanto avrei saputo fare io. Ora posso dire che forse non era una grande idea, perché spezza davvero troppo il tono di una storia di questo tipo, che vive di sangue e battaglie - ma quelle "giuste", che il lettore è disposto ad accettare come tali.
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Ignorando quale sia la traduzione italiana, manterrò i termini usati dall'autore: Magus e plurale Magi. È bene osservare che in inglese la "g" è dura e quindi, dal punto di vista fonetico, non c'è differenza tra maghi e magi.
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La parola usata è proprio cretin e ricorre moltissime volte.
Ottima recensione.
RispondiEliminaGrazie!
EliminaLe anticipazione non mi rendono isterica, ma ammetto di preferire senza alcun dubbio la lettura "ordinata", quindi comincerò senz'altro dalla trilogia.
RispondiEliminaBella recensione :)
Rispetto la tua scelta. Molto inglese!
EliminaAnche io ho sentito cose entusiastiche sull'autore e sul libro; cose che, perlomeno in parte, confermi.
RispondiEliminaLo terrò d'occhio
Spero di essere stato utile!
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