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lunedì 27 maggio 2013

ViteParallele #3: La verità è che la verità non esiste!

Esiste la verità?
Non voglio qui cercare la risposta a una domanda che l'uomo si pone dacché ha iniziato a filosofeggiare e che forse non troverà mai risposta, così lascio la parola a due autori che in questa disputa si sono buttati senza timori.


Rashomon di Akira Kurosawa

Nato come trasposizione cinematografica del racconto Nel Bosco di Ryūnosuke Akutagawa*, Rashomon è integrato con altri estratti dello stesso autore e, a quanto ho capito, modificato nel finale.
La trama in breve: in una giornata piovosa, tre uomini (un monaco, un taglialegna e un viandante) si riuniscono alla porta della città e discutono di un delitto avvenuto qualche tempo prima, l'uccisione di un samurai. La storia ci viene presentata tramite le deposizioni degli interessati, il brigante, l'assassinato (tramite un medium) e la moglie del samurai. A questo punto il boscaiolo, che ha assistito ai fatti, ci racconta una quarta versione. Ciascun racconto, con l'aggiunta di dettagli nuovi, contrasta con i precedenti, lasciando intendere che la verità, se esiste, è filtrata dalla coscienza e dalla personalità di chi la racconta. Ci si potrebbe chiedere perché il bandito, praticamente già morto, dovrebbe mentire, o perché dovrebbe farlo lo spirito del samurai. Si è portati a dare fiducia alla moglie, o al taglialegna in quanto non coinvolto nella colluttazione, ma entrambi hanno delle ragioni per nascondere o piegare la verità
A questo punto, subentra il monaco, se non ci si può fidare del prossimo il mondo rischia di diventare un inferno - e lo è già, secondo il passante. Si scontrano quindi non solo le storie raccontate da diversi punti di vista (e motivazioni), ma anche due visioni del mondo, quella di chi crede nella verità e di chi crede che essa non esista. La questione, naturalmente, non si risolve nel corso del film. Però, prima della fine c'è un avvenimento che restituisce un pizzico di speranza nel mondo degli uomini.
Film molto bello, ma come avrete capito tutt'altro che allegro.

lunedì 8 aprile 2013

ViteParallele #2: Le anime dei valorosi

Avete presente le Valchirie della mitologia nordica?
Lo scopo di queste divinità femminili era scegliere, fra i caduti in battaglia, i guerrieri più eroici e portare il loro spirito a fare baldoria nel Valhalla. Per i vichinghi era un onore morire in guerra, perché Odino aveva bisogno di tutti gli uomini valorosi in vista della battaglia finale: il Ragnarök, il Crepuscolo degli Dei. Le Valchirie sono quindi entità benevole, che un bravo normanno imparava a ringraziare nel momento del trapasso.
Morire di vecchiaia non era una buona morte.

Ora, una cara amica mi ha regalato un libro (L'universo, gli Dèi, gli uomini) in cui un insigne storico francese, Jean-Pierre Vernant, racconta alcuni miti della tradizione classica. Non è uno scritto tecnico. Si tratta di un racconto che racconta alcune delle storie più importanti della mitologia greca, alternando la narrazione a spiegazioni di carattere storico-antropologico. Ci sono anche interessanti comparazioni con varie tradizioni, per esempio come il mostro Tifone viene rappresentato prima e dopo il contatto con l'oriente. Ma non vi tedierò oltre, perché voglio presentarvi uno dei molti esseri della mitologia greca che, ne sono quasi sicuro, non ho mai incontrato a scuola.

Dal sito theoi.com
Le Chere.
«Le chi?» dirà qualcuno. Le Chere, o Ker, sono entità femminile figlie di Nyx, la Notte.  Anch'esse impersonificano il destino di chi muore in battaglia, solo che il loro scopo non è tanto trasportare gli spiriti dei prodi guerrieri Achei al cospetto di Zeus, quanto colpire a morte gli stessi soldati, nei momenti più pericolosi della battaglia. Sono creature violente, dotate di ali nere e unghie aguzze con cui ghermiscono l'anima dell'eroe. Anche il sangue è un elemento importante, dato che le Chere sembrano assetate di sangue umano. Le Chere, degne figlie, sono divinità che portano nel mondo degli uomini l'elemento notturno (in questo caso l'aspetto negativo), in questo caso la morte in battaglia.

Non possiamo fare a meno di notare che, a fronte di una apparente somiglianza (il volo, le anime dei caduti) si tratta di esseri molto diversi. Il rispettivo compito è diverso tanto quanto erano diverse la cultura greca e quella nordica. Morire in guerra, secondo i Greci, non è poi così bello. E così il destino del guerriero non è benevolo come quello del prode vichingo.
Con buona pace di Achille pie' veloce.

venerdì 15 marzo 2013

Vite parallele #1: Il racconto artistico

Prima di cominciare, vorrei spendere due parole sul significato di questa rubrica.
Le Vite Parallele di Plutarco è un'opera storica che contiene le biografie di alcuni importanti uomini del passato. Plutarco sceglie di abbinare la vita di un uomo di epoca romana a un uomo dell'antichità, con cui si possa ravvisare una somiglianza. Abbiamo così i condottieri Alessandro e Cesare, gli oratori Demostene e Cicerone, e così via. Con la scelta di questo titolo voglio omaggiare, da bravo nano, un'idea felice e provare a tracciare un parallelo fra opere che ritengo abbiamo punti in comune.


Il gioco lugubre di Paco Roca

Nel 1936, in Spagna si preparava il colpo di stato e la conseguente guerra civile. Jonás Arquero si reca al villaggio di Cadaqués, in Catalogna, per fare da segretario al pittore surrealista Salvador Deseo - che altri non è che Salvador Dalí. Fin da subito i locali si mostrano ostili nei confronti dell'artista e incitano il giovane Arquero a lasciare subito l'impiego. Lo stile di vita eccentrico di quest'ultimo sembra terrorizzarli, o forse c'è di più. Arquero tuttavia inizia il lavoro, conoscendo il pittore e la compagna Galatea, nonché alcuni ospiti tedeschi. Conosce anche la figlia del locandiere, ma l'ostilità del padre rende quasi impossibile rivolgerle la parola. All'inizio, il giovane non nutre dubbi che quella dei paesani sia solo superstizione, ma pian piano si trova egli stesso vittima di suggestioni e sogni a occhi aperti. Deseo è noto per cercare le sue visioni senza l'uso di sostanze allucinogene, come altri colleghi, ma tramite metodi alternativi, per esempio strofinandosi gli occhi per ore al buio. Così, quando Arquero si rende conto di essere invischiato nel mondo onirico del pittore, decide di fuggire con la sua nuova amica, ma scoprirà che dietro la paura dei paesani si cela l'orrore stesso di cui Deseo è artefice e da cui la sua arte trae ispirazione.

Il gioco lugubre è un fumetto di circa 50 pagine dello spagnolo Paco Roca. Per non tediarvi, rimando alla presentazione del solito Nick, che ne propone anche un'intervista.

mercoledì 13 marzo 2013

Anticipazioni #8

Bando ai preamboli, a voi i prossimi argomenti:
  • Si parte subito con una nuova rubrica, il cui nome è preso in prestito da un grande storico dell'antichità: Vite Parallele. Il primo giro è gratis, poi si vedrà!
  • Chi è normale? Dato che sono stufo di essere frainteso, vediamo di chiarire il significato di questa parola tanto semplice quanto insidiosa.
  • Se la sorte mi sorride, qui potrebbe capitare il prossimo racconto del giovane pastore Kassir. Tra il dire e il fare c'è di mezzo una pesante revisione, ma sono fiducioso di riuscirci.
Ecco, qui mi fermo. C'è un post a sorpresa che balla, ma conto di inserirlo in caso abbia bisogno di prendere tempo.
Nel frattempo, vi lascio con la raccomandazione di fare ogni tanto un giro su Il futuro è tornato! Mi sono deciso a inserire un piccolo banner di lato, per dare la giusta visibilità. Prima o poi verrà il momento di fare qualche pulizia, un leggero riordino e, chissà, capire un po' meglio come impostare la navigazione nel blog...
Ma questo discorso è incidentale - cliccate sul link per leggere una mia recensione in esclusiva!

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