giovedì 30 maggio 2013

NativiDigitali #3: Supereroi in trasferta nel Belpaese

Vi ho partecipato, non una ma ben due volte, e mi sembra il momento di parlarne. Siamo in piena seconda stagione (Nativity, che siete ancora in tempo a leggere) ma di spin-off ne sono usciti parecchi. Sto parlando di 2 Minuti a Mezzanotte. Dopo un post filosofico, vi propongo un po' di sano intrattenimento. I due eBook sono storie autoconclusive, che quindi potete affrontare senza aver letto una sola riga di 2MM, e hanno in comune il fatto di essere ambientati proprio in Italia.
Supereroi in Italia.
Pensateci.

Sibir: Shadow of a Woman

Sibir, creatura del mastermind Alessandro Girola, non era ancora comparsa nella round-robin. Una supereroina donna, bella e dal carattere piuttosto deciso. Dal momento che i manuali di scrittura sconsigliano i termini astratti, specifico che con "bella" si intende Maria Sharapova: la super russa, infatti, è stata immaginata con l'aspetto della nota tennista. La trama in breve: Sibir è alla ricerca di una super sempre di area ex-Urss con il potere di impadronirsi di corpi altrui, e per trovarla dovrà calarsi nella realtà lombarda. Aggiungo solo che ad accompagnarla troviamo il fido (che poi sarebbe il suo referente) maggiore Kisurin, e che i nostri incapperanno in una società segreta che custodisce un misterioso manoscritto...

Sibir è un'eroina dal fascino siberiano, che sa essere molto calorosa. Il suo potere, infatti, è quello di controllare il plasma - le due persone che mi conoscono sapranno che ho studiato fisica dei plasmi, quindi l'argomento mi è caro. Vederla in azione molto vicino a dove vivo e lavoro, fa uno strano effetto. Prima a Milano, in parco Sempione e nei luoghi della movida (termine che detesto), e poi in una città fittizia a nord del capoluogo, Sesto Poggese. Quest'ultima è la località qualsiasi dell'hinterland milanese, con le sue zone residenziali e le sue villette a schiera. Da questi elementi, anche se la quotidianità di questi posti si intravede solamente, potete capire la sensazione che ho provato, di essere presente mentre l'eroina vi si addentrava.

lunedì 27 maggio 2013

ViteParallele #3: La verità è che la verità non esiste!

Esiste la verità?
Non voglio qui cercare la risposta a una domanda che l'uomo si pone dacché ha iniziato a filosofeggiare e che forse non troverà mai risposta, così lascio la parola a due autori che in questa disputa si sono buttati senza timori.


Rashomon di Akira Kurosawa

Nato come trasposizione cinematografica del racconto Nel Bosco di Ryūnosuke Akutagawa*, Rashomon è integrato con altri estratti dello stesso autore e, a quanto ho capito, modificato nel finale.
La trama in breve: in una giornata piovosa, tre uomini (un monaco, un taglialegna e un viandante) si riuniscono alla porta della città e discutono di un delitto avvenuto qualche tempo prima, l'uccisione di un samurai. La storia ci viene presentata tramite le deposizioni degli interessati, il brigante, l'assassinato (tramite un medium) e la moglie del samurai. A questo punto il boscaiolo, che ha assistito ai fatti, ci racconta una quarta versione. Ciascun racconto, con l'aggiunta di dettagli nuovi, contrasta con i precedenti, lasciando intendere che la verità, se esiste, è filtrata dalla coscienza e dalla personalità di chi la racconta. Ci si potrebbe chiedere perché il bandito, praticamente già morto, dovrebbe mentire, o perché dovrebbe farlo lo spirito del samurai. Si è portati a dare fiducia alla moglie, o al taglialegna in quanto non coinvolto nella colluttazione, ma entrambi hanno delle ragioni per nascondere o piegare la verità
A questo punto, subentra il monaco, se non ci si può fidare del prossimo il mondo rischia di diventare un inferno - e lo è già, secondo il passante. Si scontrano quindi non solo le storie raccontate da diversi punti di vista (e motivazioni), ma anche due visioni del mondo, quella di chi crede nella verità e di chi crede che essa non esista. La questione, naturalmente, non si risolve nel corso del film. Però, prima della fine c'è un avvenimento che restituisce un pizzico di speranza nel mondo degli uomini.
Film molto bello, ma come avrete capito tutt'altro che allegro.

sabato 25 maggio 2013

Aprite quella porta! Riflessioni sul fantastico.

Jean Giraud (Moebius)
Oggi è il giorno dell'asciugamano. Poiché non ho ancora letto Guida Galattica per Autostoppisti, mi salvo in corner con una citazione* e con un post sul fantastico, che potete tranquillamente leggere come un'appendice al mio resoconto sul Salone del Libro.

Si diceva, c'è stata la presentazione di Alia 6.
Si è parlato anche del fantastico.
Credo che tutti abbiano una definizione di cosa sia il fantastico in narrativa. Il contest 3Narratori era aperto a racconti di genere fantastico, ma qualcuno potrebbe chiedermi (e qualcuno l'ha fatto) che cosa intendessi con fantastico. Non è facile dare questa risposta, perché forse, me ne sto rendendo conto mentre scrivo, non ho mai considerato il fantastico un genere letterario. In Story Structure Architect, la Schmidt ricorda che la teoria dei generi è una baggianata - l'aggettivo lo metto io - dato che non esiste né è mai esistita una classificazione in grado di sopravvivere al mutare dei tempi e dei gusti dei lettori. Oggi diremmo che la narrativa fantastica è ripartita in tre generi: fantascienza, fantasy e horror. Tempo fa, avevo provato a scriverci un post - invero piuttosto imbarazzante a rileggerlo oggi - ma non mi ero neanche lontanamente avvicinato al nocciolo della questione, e ciò al di là di incroci, commistioni e storie impossibili da etichettare.

martedì 21 maggio 2013

Salone del Libro - il giorno dopo (o quasi)


Non è facile scrivere un resoconto di questo Salone del Libro edizione 2013, e come tutte le cose difficili spero un po' che le parole vengano da sole, al ritmo del battere dei polpastrelli sui tasti. È stata la mia seconda volta, l'edizione della "conferma", ed è stata sotto tutti i punti di vista molto più grande rispetto all'anno scorso. In primo luogo, perché ci sono stato più a lungo: due giorni un giorno e mezzo, inclusa una passeggiata nel centro di Torino dove ho potuto ammirare quella bizzarra installazione arboricola e vagamente steampunk in piazza Castello. In secondo luogo, perché sono stato a più presentazioni (più di zero), ho incontrato più persone e ho scoperto che la borsa arancione di Zerocalcare (nella foto) è un ottimo espediente per attaccar bottone - ma di questo magari parleremo in un'altra occasione. Forse mai.
Questo salone, insomma, è stata per certi versi un'esperienza indimenticabile.

venerdì 17 maggio 2013

Anticipazioni #10

Mentre cerco di pensare a cosa non avrò bisogno nella un-giorno-e-mezzo al Salone del Libro, mi sovviene che forse è il caso di abbozzare la nuova programmazione.
  • Il primo post sarà presumibilmente un resoconto dell'evento, come l'anno scorso, magari soffermandomi di meno sugli acquisti - che spero di limitare!
  • Verrà poi il momento di ViteParallele, la rubrica ideata per mettere a confronto due opere rispetto a un elemento comune a entrambe, che però ha visto un'intrusione già al secondo giro. Questo sarà un ritorno alle premesse.
  • Recupero lo spazio di NativiDigitali, l'altra rubrica, in cui proporrò uno o due ebook scaricabili da qualche parte nella grande ragnatela di Internet.
Immagine di Rui Ricardo
Direi basta.
In cantiere c'è anche la famosa retrospettiva su The Wheel of Time, ma voglio prendermi un po' di tempo. C'è da realizzare un ebook, non me ne sono scordato, e questo sì che è un altro progetto che richiede tempo - tempi biblici, suggerisce spiritosamente uno degli autori vincitori.
Nulla di più vero.

Ora, non vi tirerò scemi con la solita storia che si tratta di un lavoro più lungo e impegnativo di quanto pensassi. In realtà, è possibile che lo sia di meno - tendo a essere pessimista, quando devo pianificare qualcosa. Il punto è che gli intoppi non stanno mai dove uno se li immagina, nonostante abbia fatto del mio meglio per seguire la dottrina di Sun Tzu, e così mi sono trovato spiazzato da alcuni effetti delle mie scelte, di cui sono tuttora convinto. Anche perché, qui lo dico, quelle di cui non ero convinto le ho accantonate - una su tutte, l'idea di realizzare una cornice ai racconti. Questa scelta, che si può inquadrare in un periodo non particolarmente felice dal punto di vista della "produzione narrativa", ha qualche ricaduta su almeno due aspetti del progetto a cui non avevo precedentemente pensato. Quindi meno lavoro? No, semplicemente lavoro spostato da un'altra parte.
Meno male che ho assemblato un'ottima squadra!

La macchina si è messa in moto (o lo farà a breve).

martedì 14 maggio 2013

"The First Law" di Joe Abercrombie

Il discutibile titolo italiano
Nel 2006 Joe Abercrombie pubblica The Blade Itself, primo volume della trilogia The First Law. Sei anni dopo, la Gargoyle Books decide di tradurre i libri dell'autore britannico, che nel frattempo non solo ha completato la trilogia ma ha prodotto altri tre libri (fra cui The Heroes, sempre edito dalla Gargoyle). Poiché la sua opera veniva elogiata da più parti, non ultimo lo zio George (R. R. Martin) che la definisce "terific", mi sono deciso a leggere The First Law e così posso ora parlarne.

"The blade itself incites to deeds of violence."
(Odissea, Omero)

Esporre la trama di un libro senza incorrere nell'odiato spoiler è un'impresa ardua. Lo è ancora di più quando sul piatto c'è una trilogia, perché bisogna impostare la trattazione dal punto di vista di chi si appresta a scalare una rampa di 1600 scalini - tante sono le pagine complessive.
La trama in breve: Bayaz, il Primo dei Magi* recluta un manipolo di valorosi per andare alla ricerca di un oggetto che potrebbe salvare il regno da un tenebroso nemico. Fin qui, potreste chiedervi dove sta l'originalità, soprattutto perché avete letto da più parti che Abercrombie in questi libri stravolge i decennali cliché del fantasy, ma andiamo un po' oltre.

lunedì 13 maggio 2013

Salone del Libro di Torino

Post di servizio.
Come avevo accennato anche quest'anno mi recherò al Salone del Libro. Poiché non sono esattamente una persona previdente, non mi sono organizzato e vagherò tra gli stand senza particolare logica - ok, a parte una decina di incontri/editori/presentazioni che mi sarò segnato. Se qualcuno si trovasse lì per caso, diciamo nelle giornate di venerdì e sabato, sarebbe bello scambiare due chiacchiere e magari berci un caffè. È un po' tardi per procurarmi una maglietta "a tema", ma la buona volontà e i margini per accordarsi ci sono tutti!


(Sì, voi due lo so già che ci incontriamo! Questo appello era altri eventuali.)
A domani.

venerdì 10 maggio 2013

Tropi e cliché del fantasy

Avevo già sentito parlare di questo libro prima di fare il proverbiale due più due e realizzare che l'autrice è a sua volta un'importante firma del fantasy. Sto parlando di Diana Wynne Jones, nota scrittrice inglese, e del suo The tough guide to Fantasyland.

Il sospetto che il fantasy sia un genere pieno di cliché sorge spontaneo la seconda o la terza volta che ci troviamo a leggere Il Signore degli Anelli, nonostante il nome in copertina sia differente. Più nello specifico, si è andata costituendo una corrente dominante di scritti ambientati in un medioevo fittizio popolato da draghi e stregoni, con l'occasionale erede al trono.
In modo simile, nel tentativo di redarre una sorta di enciclopedia del genere, la Jones si stupì di quanti elementi ricorrenti ci fossero in quei libri che andava censendo.

Dai dettagli più minuti ai principali momenti del "tour" a Fantasilandia, in questo libro la Jones ci illustra con leggerezza e spirito molti di questi elementi.
Per esempio, il fatto che solo all'oscuro signore sembra consentito avere un esercito.
O che ci sia l'obbligo di indossare un mantello ma nessuno abbia mai pensato di mettere le sue cose dentro uno zaino.
O che esistano tre tipi di volatili e pochissimi altri animali, salvo i cavalli che sembrano essere gli unici a riprodursi.
Per non parlare del rigidissimo codice dei colori per quanto riguarda i vestiti (e la carnagione), non conoscendo il quale si rischia davvero di coltivare una serpe in seno!
Questo libro è veramente una miniera di spunti per riflettere sia sull'originalità della storia che l'aspirante scrittore ha in mente, sia su quanto a volte basterebbe una seria documentazione a evitare di cadere nelle scelte più battute, sia nell'ambientazione sia nella caratterizzazione dei popoli e delle culture, e dell'eroe stesso.
A completare il volume, una mappa con le località più amene, come  le montagne del nord (dove vivono i barbari del nord, appena sopra i barbari cosacchi), l'area dominata un tempo dall'impero decaduto, l'isola dei draghi e il mare interno. Guardandola mi sono stupito di quanti elementi ricorressero nelle mappe di altri romanzi letti.

lunedì 6 maggio 2013

3Narratori: i vincitori

Non è affatto facile, per chi come me è novizio in queste cose, arrivare a questo punto preservando un minimo di tensione per i partecipanti e gli ignari spettatori. Penso, anzi, che gli autori scorreranno il post per leggere subito se il loro nome compare fra i vincenti, ritardando la lettura di questo preambolo per un secondo tempo. Un preambolo, tuttavia, lo ritengo necessario innanzitutto per presentare la giuria che ha letto i racconti e ha scelto i più meritevoli: Camilla di Bibliomania, La Leggivendola e il sottoscritto.

Penso che sia inutile presentare Camilla e Leggy, dato che hanno entrambe blog che parlano di loro meglio di quanto saprei fare io. Aggiungo solo che sono oltremodo felice dell'entusiasmo con cui mi hanno accompagnato in questa avventura, non solo durante il giudizio ma fin dai primi passi.
Grazie, grazie.
Finalmente posso proclamare i vincitori.


venerdì 3 maggio 2013

L'eremita sulla colonna - racconto

Un giorno, il vecchio stilita scese dalla colonna e si diresse al villaggio. Indossava un'ampia veste immacolata, e aveva barba e capelli anch'essi bianchi. Le vesti erano intese a mostrare la sua santità, il suo corpo a infondere saggezza nelle sue parole.
Il suo ritiro era durato diciannove anni. In un primo momento faticò a riconoscere i costumi di quegli strani esseri che un tempo venivano a omaggiarlo, piccoli e tutti ugualmente brutti. Poiché ora camminava fra loro, nessuno si avvicinò a omaggiarlo, neppure l'uomo che tempo addietro era venuto da lui in cerca di consiglio e che ora si faceva chiamare Re.
Lo stilita decise che avrebbe parlato al suo popolo con i piedi nella stessa polvere.
Per primo incontrò un vecchio. Con le dita riparava una rete, ma dalle palpebre appesantite fissava oltre. La pelle grinzosa del volto si contraeva come se masticasse, nonostante gli si vedessero le ossa. «Che fai?» gli chiese lo stilita. «Non riesci ad agire, ma l'ozio non si addice all'uomo retto. Il villaggio ha bisogno delle tue reti, la tua famiglia del pescato. Perché se ti guardo negli occhi io vedo la morte?»
Il vecchio rispose senza alzare lo sguardo. «La mia vita è erosa dal flusso degli anni. Un tempo il fiume mi diede ricchezza, ma ora è il Re a possederlo e non ho più da mangiare. Ora cerco solo la calma e la quiete. Vai a infastidire altri!»
L'eremita chinò il capo in segno di rispetto, ma in cuor suo fu turbato.
Ripreso il cammino, incontrò un giovane che bighellonava per strada. Prendeva un sassolino e lo lanciava sul muro antistante, dove qualcuno aveva tracciato dei segni col gesso. Era lercio e nelle movenze c'era un che di bestiale. «Per quale ragione sprechi il tuo tempo? Non ci sono campi da arare, capanne da riparare, anziani da accudire? Devi mettere il tuo vigore al servizio della comunità, perché non durerà in eterno. Che ne è dei tuoi sogni?»
Il giovane lo guatò a lungo prima di ribattere. «Il Re ci ha tolto i campi e la paglia. Passo il tempo qui in strada perché il Re non mi ha strappato i sogni, che sono al servizio della comunità se qualcuno li vorrà realizzare.»
Lo stilita si allontanò a capo chino, finché, al limitare del villaggio, incontrò una donna che spazzava la polvere in strada. «Per quale ragione svolgi questo lavoro? Non hai nulla da fare in casa, un figlio da accudire o un tappeto da tessere?»
La donna si mise le mani sui fianchi e lo squadrò come se ciò che aveva detto non avesse senso. «La concubina reale è morta senza dare eredi. Il Re ha bandito che guiderà gli uomini colui che saprà rendersi uguale a loro. Dice che fu un eremita a consigliarlo in tal senso. Tu sei forse quell'eremita? Attendevo il tuo arrivo e per questo ti pulisco il cammino.»
Un sorriso decorò il volto del saggio, che ringraziò la donna e proseguì verso la villa dove il Re dimorava. Prima di raggiungere il recinto, sentì una botta alla schiena e cadde. Il giovane a cui si era rivolto trotterellò di fronte a lui, e con la coda dell'occhio osservò il vecchio che l'incitava. La donna era tornata a spazzare, guardando in terra.
«Perché?» chiese lo stilita.
«Perché il Re è diventato tale ammazzando il proprio rivale. Ha poi radunato gli anziani durante un festeggiamento e imprigionato chi gli si è opposto. Tu sei sceso dalla colonna, ma non sei uguale a noi e l'ho capito dalle tue idiozie. Ora ti darò ciò che meriti!»
«Uccidilo!» berciò il vecchio raggrinzito, mentre il ragazzo lo prendeva a pugni, ma poi si stancò e tornò alla sua rete. Anche il ragazzo trovò di meglio da fare e corse via.
Solo la donna rimase a guardarlo, insozzato di polvere e sangue.
«Povero eremita. Forse non meritavi tutto questo. Spero che quando sarai tornato sulla tua colonna rifletterai bene prima di assecondare chi ti chiede consiglio!»
Lo stilita si chiese se fosse davvero il caso di proseguire.


* * *

Questa storia è comparsa a suo tempo su un giornalino scolastico, ma l'ho poi rimaneggiata e ho cambiato il finale. Il breve racconto non è in alcun modo da intendersi un'allegoria o chissà cosa. Ogni riferimento a fatti, persone... be', si è capito. Gli stiliti, per la cronaca, sono esistiti davvero nel medioevo. Tuttavia, nonostante l'indubbio fascino, non è uno stile di vita che mi sento di consigliare a chicchessia.

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