martedì 12 novembre 2013

King Arthur, ovvero la stratificazione del mito

L'altro giorno, con un amico, discorrevamo del ciclo arturiano e della ricerca del Graal. Se si studia la successione in cui, secondo il canone, i cavalieri di Artù si avvicinano alla sacra reliquia, si può infatti ricostruire la storia di questa leggenda: un nucleo celtico (Galvano), i successivi innesti sassone (Parsifal) e normanno (Lancillotto), la conclusione cristiana (Galad). Il Graal stesso, poi, passa da essere un calderone con poteri miracolosi alla coppa che raccolse il sangue di Cristo, fino a diventare, giocando sull'etimologia del nome, il suo stesso sangue. Ma, sangue o non sangue, il punto è questo: l'origine del mito, e come la storia interagisce con esso.

Ginevra in versione guerriera celtica.
Qualche sera fa ho rivisto King Arthur (2004) di Antoine Fuqua. Il film è un interessante tentativo di ricostruire l'origine del mito, secondo la teoria che vuole Re Artù un condottiero realmente vissuto nel periodo a cavallo tra l'abbandono dell'isola britannica da parte dell'Impero Romano e le invasioni germaniche (principalmente Angli e Sassoni). Siamo nel V secolo dell'era volgare, all'inizio del Medioevo come lo insegnano a scuola.

In questa versione cinematografica, Artù è un mezzosangue romano-bretone a capo di una unità di combattimento di élite composta da cavalieri Sarmati. I Sarmati erano un popolo iranico stanziati in una regione molto ampia a nord del Caucaso e del Mar Nero. Suddivisi in tribù, alcuni di essi ottennero di potersi stanziare nei territori di Roma a patto di servire sotto i vessilli imperiali; i Sarmati disponevano infatti della migliore cavalleria dell'antichità: arcieri a cavallo e cavalieri corazzati (catafratti). Chi ha giocato ad Age of Empires sa a cosa mi riferisco. Il loro impiego in Britannia, già dai tempi di Marco Aurelio (II secolo) è storicamente accertato, e fornisce agli sceneggiatori il pretesto per giustificare la nascita dei Cavalieri di Artù. Nel film i superstiti sono solo sei: Lancillotto, Tristano, Galvano, Galad, Bors e Dragonet.

Artù stesso, come detto per metà di origine romana, è in realtà soprannome di Artorius Castus. A questo riguardo, su wikipedia trovate una lista piuttosto lunga di possibili incarnazioni storiche del re. In alcuni casi è romano, in altri di origine celtica. Onestamente, chi può dirlo? È persino possibile che le radici del mito sprofondino nell'antichità. Quando parliamo di Celti ci riferiamo in realtà a una famiglia di popolazioni che colonizzò l'Europa mille e più anni prima della fondazione di Roma. Non sono antichi quanto gli Egizi, forse, ma ci troviamo comunque ai limiti con la preistoria. Chi può dire quali storie, quali vicende si siano portati dietro, lungo tutta la strada che porta alle isole britanniche? Di certo non Excalibur, che nel film è una banalissima spada, con l'unica particolarità di essere stata estratta dal tumulo dove era sepolto il padre di Artù. La Tavola Rotonda, per chi se lo stesse chiedendo, c'è. Ed è rotonda!

Da sinistra: Bors, Tristano, Artù, Lancillotto e Dragonet. I due restanti sono poco più che comparse.

I Celti, appunto. In Britannia c'erano popolazioni autoctone, quando i Romani la invasero. No, non quando l'imperatore Caligola, raggiunta la Manica, mandò l'esercito a raccogliere conchiglie anziché varcare il mare. Già il generale Cesare, non contento di aver conquistato la Gallia, vi era sbarcato pur senza conquiste territoriali. Nel 43 e.V. l'imperatore Claudio, suo successore, iniziò una campagna che portò alla conquista di buona parte dell'isola e dall'istituzione della provincia. All'epoca i Celti erano divisi in piccoli regni tribali, di cui cito solo i Pitti perché sono gli unici ad avere, nel film, una loro chiara identità. I Pitti abitavano a nord del Vallo di Adriano, un muro lungo circa 120 km che delimitava i confini che Roma era in grado di difendere - per chi ha letto Martin, è ciò che ha ispirato la Barriera. Per qualche inspiegabile ragione, i Pitti sono qui chiamati Woads.

Due esponenti di rilievo dei Pitti sono Merlino e la figlia Ginevra. Quest'ultima è destinata a maritarsi con Artù, a simbolo dell'unione fra i due popoli: da una parte i Britanni romanizzati, dall'altra quelli "liberi". Merlino, invece, non l'ho trovato molto riuscito. Non è un mago, tanto per cominciare. È il capo dei Pitti, ma al di là di questo non ha il fascino che avrebbe potuto ammantare, per esempio, un druido. Credo che esista qualche appiglio storico anche per lui, ma forse gli sceneggiatori hanno preferito tenere lontano l'aspetto sovrannaturale e farne piuttosto una figura militare e carismatica. Una scelta comprensibile, tutto sommato, anche se non mi ha convinto.

A questo punto, dovrei parlare di come altre scelte hanno incrinato quello che poteva essere un bel film. La rappresentazione dei Sassoni come male assoluto, per esempio. Il fatto che Roma sia sempre dipinta in negativo, anche se in questo caso c'è una certa onestà nel rappresentare le due facce: quella buona, del vescovo Pelagio, figlio di una Roma civilizzatrice che promuove ideali egualitari, e quella del rivale Germanio, che in patria pensa bene di scomunicarlo e metterlo a morte, per la prosecuzione di sottomissioni e schiavitù. In realtà la disputa storica non è così facilmente riassumibile, ma va qui presa come una metafora di ciò che l'Impero Romano è stato e, forse, poteva essere. Semplicistico? Retorico? Per gli standard di un blockbuster hollywoodiano, io l'ho trovato abbastanza onesto.

A questo punto, spero che vorrete dare una chance a questo film. Supera di poco le due ore, e ha una buona metà con un certo ritmo, salvo perdersi nella battaglia finale. Ci sono un paio di citazioni interessanti, spero volute, da Aleksandr Nevskij e I Sette Samurai. Un film tutto sommato gradevole, che fornisce una prospettiva un po' diversa sul vecchio Artù. Magari non si trattò di un romano, ma di un condottiero britannico nato un secolo dopo, o forse è la rielaborazione, anche in questo caso, di una antichissima leggenda celtica. Nulla vieta di seguire l'ipotesi preferita. E poi, dico, non vorremo mica togliere tutto il mistero a uno dei cicli più popolari di sempre, giusto?

12 commenti:

  1. Sinceramente mi sono un po stancato di tutte queste ricostruzioni di una Roma in senso negativo. La situazione come hai detto tu è molto piú complessa. E Hollywood dovrebbe ricordarselo quando licenzia film come King Arthur.

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    1. In questo caso Roma se la cava meglio dei Sassoni, qui presentati come bruti assassini! ^^

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  2. Questa versione del mito arturiano, calato nella storia, mi piace moltissimo, non mi stanco mai di rivederlo. Ho apprezzato molto la scelta di cogliere una possibile realtà dietro la leggenda e di epurare la storia dagli elementi fantastici, senza i quali rimane comunque in piedi. Lo lego idealmente alla saga di Camelot di Jack White e a l'"Ultima Legione di Manfredi" (libro, non film, nella maniera più assoluta).

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    1. Purtroppo ho visto solo il film del secondo libro che hai citato, che non è proprio un gran film! Lì se ben ricordo si faceva discendere Artù da Romolo Augusto. Il libro prima o poi voglio leggerlo.

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    2. Consiglio il libro con la stessa determinazione con cui sconsiglio il film! :)

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    3. Bon! Tanto, libro più o libro meno, la coda di lettura resta sempre lunghissima.

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  3. Leggenda? Chi ha detto che è un leggenda?

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  4. Non mi è completamente dispiaciuto come film fanta-storico. Forse perché un'altra ricostruzione del mito di Artù che avevo apprezzato in forma romanzesca ("L'ultima legione" di Manfredi) in forma cinematografica è stato totalmente rovinato in un film pateticamente pieno di errori come ha riconosciuto con ironica rassegnazione lo stesso Manfredi. Diciamo che, dopo aver visto il film dell'"Ultima Legione", al suo confronto "King Arthur" appare quasi ben riuscito. Persino "Centurion" diventa gradevole.

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    1. Ah, ma ce n'è pure un altro? Io sapevo dei due citati e di The Eagle... a quanto pare il binomio Impero Romano e Britanni spopola! A questo punto sono curioso di leggere il romanzo di Manfredi, perché il film l'ho visto e... ho riso tanto. :)

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  5. Ciao Salomon e tutti.
    Grazie per l'analisi, interessantissima.
    Scusa, ma hai preso appunti guardando il film o sono considerazioni successive?

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    1. Ciao e benvenuta! Si tratta in effetti di una seconda visione, per cui ho avuto modo di fare più attenzione ad alcuni aspetti che in principio mi ero perso (per esempio, la diatriba fra vescovi). Questa visione, inoltre, è seguita alla discussione avuta con il mio amico, di cui avevamo appunto parlato di questi aspetti - lui ha studiato meglio di me la storia dei popoli indoeuropei e poi di Roma, quindi mi ha in un certo senso stimolato alla rilettura di questo King Arthur. Non sono uno che si appunta le cose durante il film, salvo rare eccezioni. ^^

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