venerdì 25 ottobre 2013

La storia del cesso


Tutto iniziò a scuola. Ero in prima o seconda media, o forse la terza. La prof di quasi tutte le materie ci aveva chiesto una lista dei libri letti in un anno. A memoria ne citai più di cento, forse barando o più semplicemente considerando quei piccoli libricini con cui sono cresciuti i ragazzi cresciuti bene della mia generazione: Piccoli Brividi, Animorphs e quant'altro. C'era anche Asimov, di cui allora leggevo la Fondazione, e la prof mi chiese di spiegare di cosa trattasse. Ora, dovete sapere che questo genere di protagonismo personale mi ha sempre messo a disagio - e continuerà a farlo, nonostante sia controproducente e me ne renda conto. Fate finta che io non abbia un blog e tutto il resto. La prof, quindi, mi chiese di parlare. Io ero più o meno al centro dell'aula. Attaccai con la psicostoria, ovvero una disciplina futuristica che rendeva possibile, mediante modelli matematici, di prevedere lo sviluppo delle società umane su scala galattica. Il genere di cose che l'uomo della strada, ovvero il 95% dei miei allora compagni di classe, considera cazzate e che io invece facevo finta di apprezzare nella loro complessità. Ma si sa, a quell'età si è tutti un po' stronzi. Ho un'amica che alle medie ha vissuto l'inferno; io sono riuscito a sopravvivere senza scossoni - quelli sono venuti dopo. Parlai così della psicostoria, come richiesto. L'anno dopo avrei ripiegato su Manfredi e "Lo Scudo di Talos", ma continuava a non ascoltare nessuno.

Ci fu poi quella volta, alle superiori, quando la prof di latino e greco mi chiese di leggere non so quale tema con traduzione incorporata. I versi erano di Virgilio, e mi era parso sensato tradurli in maniera un po' poetica. Alla prof non piacque come leggevo, ma questa è un'altra storia. Non vi dirò come ho perso la voce, perché non sono fatti vostri. Vi dirò invece come l'avevo ritrovata nella scrittura, iniziando quel famoso romanzo fantasy di cui ho anche parlato. Era l'epoca di Martin, che iniziai a leggere non appena approdò in biblioteca "Il Grande Inverno", di Gemmell. Avevo da poco finito di leggere Dragonlance, periodo in cui avevo iniziato un primo abbozzo. Ma è alle superiori che, raggiunta la stratosferica quota 30-40 paginette, sentivo scorrere nelle mie vene il Fuoco Sacro di cui parla il Madeddu. Non pensavo seriamente di pubblicare. Forse volevo solo far colpo su una compagna, chi può dirlo. Il Marco adolescente è ormai per me un estraneo e faccio oggi molta fatica a decifrare le righe scritte, a loro tempo disciplinate e impilate con cura e tanto amore.

Perché è di questo che parliamo, no? A scrivere non è un estraneo. Costui può al massimo aver scritto in passato, lasciato incompleto e riposto i fogli nel cassetto dei natali passati. Chi scrive oggi è un tizio vivo e vegeto, che ancora respira, e che in questo stesso momento dovrebbe lavorare a una dannatissima storia anziché perdere tempo con questi post. Poiché tuttavia ho iniziato, sarà bene venirne a capo. Vi risparmierò il pippone sui soldi, dato che attualmente guadagnarci qualcosa non è una prospettiva, ma non quello sulle motivazioni. Intendiamoci: non ho nulla contro chi autoproduce ebook e li mette in vendita sulle più popolari piattaforme di selfpublishing, al più ho una vaga antipatia per la politica aggressiva di uno di questi negozi (peraltro, solo in una delle aree in cui opera). Se mai avrò tra le mani qualcosa che riterrò degno, se avrò ricevuto qualche feedback positivo e non interessato, se avrò tempo e anche denaro per impegnarmi seriamente nella sua realizzazione, allora potrei entrare anch'io a fare parte di questa sfera. Ma non trattandosi di condizioni temporali, rimane un discorso vacuo e privo di basi solide.

Perché scrivo, se non per pagare le bollette? Ne avevo già parlato. Ci sono delle belle carrellate, in giro, che ritraggono il vasto bestiario di scrittori, scribacchini e imbrattacarte volenterosi (ma inconcludenti) fra i quali modestamente mi ascrivo. C'è chi scrive per i soldi e chi sostiene che il denaro svilisca l'arte. C'è chi scrive per vocazione e chi per sfogarsi. C'è chi è convinto di avere una Storia da raccontare, chi scrive per Passione, chi la passione ce l'ha ma non scrive. C'è chi sforna trilogie come se fossero biscotti, e chi impiega mesi per sfondare il limite delle cinquemila parole. C'è anche chi è paladino delle regole, in perenne lotta con coloro che considerano la grammatica ininfluente ai fini della leggibilità di un testo scritto - o la leggibilità ininfluente ai fini della Storia, non l'ho ancora capito. C'è chi ha letto tutte le biografie dei grandi autori, e chi non legge per non farsi influenzare nello stile. C'è pure chi ha letto mille manuali e non ha ancora afferrato cosa sia lo stile, come chi rifiuta le regole per licenza poetica. Io sono un po' lì nel mezzo, tolti magari i più imbarazzanti. Chiedetemelo quando avrò pubblicato la prossima storia, anche qui sul blog, senza particolare impegno. "Perché me l'hai fatta leggere?" Fatelo, perché sono curioso anch'io di vedere cosa risponderò. Solo, non sarà quella famosa storia nata dal Fuoco Sacro, le cui motivazioni sono ormai perse o soggette al più spietato sforzo interpretativo.
O forse è solo per ritrovare la voce, chi lo sa?

Mi spiace di avere deluso le aspettative. A questo punto, piuttosto che aggiungere altre cretinate o precipitare nel patetico delle mie memorie scolastiche, preferisco rimandare a quando sarò con le spalle al muro. That's it. Se vi aspettavate qualcosa di più, tipo un pamphlet o un manifesto programmatico, siete stati poco attenti fin dall'inizio. Questa è guerriglia, si sta al riparo da chi spara ad alzo zero. Questa, in fondo, è solo la storia del cesso.


La serie di post "La storia del cesso" nasce da un post di Germano M. su Book and Negative. Germano è anche l'ideatore del "This is my boomstick award", nonché autore di alcuni ebook. La storia di cui si fa riferimento è una libera citazione dal film Le Iene di Quentin Tarantino, film molto bello (e  molto violento) che vi consiglio vivamente.
Se in giro ne trovate altri, di questi post, sapete chi incolpare. :)

20 commenti:

  1. Sapevo che avresti ceduto al lato oscuro.

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  2. Ora ho capito perché Twitter è invaso da "#lastoriadelcesso".
    Si scrive sempre per ritrovare la voce e un po' per non darla vinta a chi ce l'ha portata via. Si tratta di una sorta di vendetta pacifica.

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    1. Oh, non farti illusioni. C'è una guerriglia in atto, e la tastiera è la mia arma. Il fatto è che ogni tanto si inceppa...

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  3. ma poi le scuole medie servono a qualcosa? a parte far passare un po' di tempo prima di fiondare persone impreparatissime sotto ogni punto di vista nel gran macello delle superiori?

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    1. In realtà, sai, ho anche dei ricordi più costruttivi. I laboratori, per esempio. Le attività integrative - non so come chiamarle. Per il resto, all'epoca si è ancora pluripotenti e appena appena avviati a diventare "persone". Forse le medie sono davvero il meglio che si può mettere lì in mezzo.

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  5. Mi hai fatto venire in mente alcuni ricordi personali... Diciamo che io per un bel pezzo ho smesso di scrivere proprio perché mi sentivo troppo diverso dagli altri... Infatti c'è un buco di alcuni anni nella mia vita - tra l'infanzia e la prima giovinezza - in cui non ho scritto nulla.
    Ho sbagliato, avrei dovuto scrivere anche in quegli anni :-)

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    1. Anch'io ho avuto un lungo periodo di interruzione. E ho sbagliato, perché adesso sono arrugginito e faccio fatica a mettere due frasi una in fila all'altra. L'importante è non commettere di nuovo lo stesso errore. ^^

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  6. Il tuo finora è stato il post più bello della serie.

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    1. Davvero? Grazie, Nick. È che ne ho viste di belle davvero, o quantomeno ben scritte. Spero di essere riuscito a valorizzare il mio aneddoto! :)

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  7. OH DIO! la scuola!!! Che ricordi orrendi, non per niente ho scelto di lavorar all'asilo

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    1. Dell'asilo ricordo poco, ma quei ricordi non sono così male. :)

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  8. Oh, ecco da dove viene, ne ho visti già un paio di questi post.
    Eh. Il fuoco sacro.
    Anch'io guardo con una certa distanza le righe adolescenziali. La cosa che mi dà fastidio però è che la me-adolescente scrive molto meglio della me-attuale ò__ò maccheccacchio.

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    1. A me capita la stessa dannatissima identica cosa.
      Solo che adesso ho idee migliori! ;)

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