Dato che il sottoscritto si è preso un bel raffreddore, vi beccate quello che era pensato come terzo post in scaletta. La recensione. Il libro in questione l'avevo già recensito per Il futuro è tornato ed è qui riproposto senza modifiche significative. Sono molto legato a questa recensione perché è stata per me un giro di boa, la mia prima recensione seria che andasse oltre il semplice assemblaggio di impressioni, paragrafo dopo paragrafo. Aggiungo ancora che oltre alla recensione sullo stesso blog ho curato l'intervista a Francesco Troccoli, che non copio per varie ragioni ma potete leggere su questa pagina.
Futuro remoto: l’umanità ha smarrito le basi della sua stessa natura. Due vecchi commilitoni si ritrovano, ma nemici. Il primo, Tobruk Ramarren, è una ignara pedina di un potere occulto; il secondo, seguendo un’antica intuizione, si ribella a quella che sembra l’unica vita possibile. Nelle viscere di un piccolo pianeta minerario ai confini dell’Alleanza il protagonista s’imbatterà in una sorprendente comunità di reietti, custodi del segreto che li rende liberi. Lo scontro tra i Dominatori e lo sparuto gruppo di rivoluzionari è inevitabile, così come la sorpresa di Tobruk Ramarren di fronte alla scoperta che gli cambierà la vita.
(Dal sito dell'editore.)
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Uno dei commenti che personalmente mi ha sempre dato fastidio è: “non è semplice fantascienza”. Come se un libro (o film) di fantascienza non potesse contenere qualcosa più di esplosioni e lucine colorate, qualcosa su cui riflettere. Esiste, in altre parole, una tendenza diffusa a considerare il fantastico un genere di evasione pura, assai lontano da tematiche serie e attuali.
FERRO SETTE, romanzo d’esordio di Francesco Troccoli, è uno di quei libri che suscitano questo genere di commenti. FERRO SETTE è anche il libro di un appassionato di fantascienza, passione che traspare da citazioni e ammiccamenti ad altre opere sparse lungo la storia, come il cognome del protagonista, Ramarren, preso in prestito da un romanzo della Le Guin.
La storia di Tobruk e Hobbes ha luogo su Harris IV. Il pianeta è in via di terraformazione, povero d’acqua e con una morfologia piuttosto instabile. Le risorse per la sussistenza degli abitanti sono sotto il rigido controllo del governatore, longa manus del proprietario di gran parte del sistema, Vladimir Harris. Nonostante la vicenda si svolga su Harris IV, ci sono offerti scorci della storia passata che coinvolgono entità esterne, come i vicini Hassadiani e l’Oikos delle Genti. In particolare quest’ultima, una sorta di confederazione nata da un’estinta organizzazione imperialista, è ritratta in modo non banale e coerente con i presupposti della storia.
Il protagonista di FERRO SETTE è Tobruk Ramarren, un veterano che ha svolto per anni il lavoro sporco per conto del governatore. Ha servito nella Milizia, prendendo parte ad azioni di dura repressione nei confronti dei coloni, asservito alla logica del profitto. Tuttavia, non è un sanguinario e non resterà sorto alle ragioni degli abitanti di Ferro Sette, una colonia mineraria la cui resa negli ultimi due anni si è gradualmente ridotta. Il minerale che viene esportato in mezza galassia, che arricchisce Harris e convince l’Oikos a tollerare la situazione.
David Vinicius Pereira Hobbes, d’altra parte, ex commilitone della Milizia, è un uomo più acculturato della media. È un umanista, studioso di testi antichi e convinto fautore del mito della vecchia Terra. Nel corso dei suoi studi, egli scopre un segreto che vuole ora rivelare a tutta l’umanità, a cominciare da Ferro Sette. È questa scoperta che causa la riduzione della produttività, minacciando così lo status quo.
Ora, FERRO SETTE è essenzialmente un libro d’avventura e azione, ma ha anche il merito di affrontare un tema che sembra preso dal TG delle 20. Di produttività si parla in questi giorni, così come dei timori di un ritorno a condizioni lavorative anteriori alle grandi conquiste del ’900. Nell’universo di Troccoli, a un certo punto della storia l’umanità ha “scelto” di sacrificare un pezzo della propria natura per fare il grande salto e conquistare lo spazio. Da quella scelta sono trascorsi dei secoli, forse millenni, e non è più così semplice tornare indietro.
Troccoli, insomma, proietta nel futuro i timori legati a una situazione che ci tocca da vicino, soprattutto in tempo di crisi. Non credo che sia un caso se due romanzi di fantascienza pubblicati di recente, FERRO SETTE e I senza-tempo di Alessandro Forlani, contengano una critica alla società contemporanea e alle sue deviazioni, in modo più o meno incisivo.
Dal punto di vista narrativo, FERRO SETTE è composto da una prima parte introduttiva, più lenta, e da una seconda parte orientata maggiormente all’azione. Il narratore è Tobruk Ramarren, scelta che rende alcuni momenti un po’ prolissi. Questa scelta però permette di capire come un contemporaneo, che peraltro è abituato a contrattare con pistole a impulso e granate, affronta la rivelazione di Hobbes. I comprimari sono meno caratterizzati, ma spiccano comunque alcuni personaggi che destano curiosità, primo fra tutti Hobbes.
In conclusione, FERRO SETTE è un buon esordio per Troccoli, pur non esente da qualche difetto*. Dalla sua ha il merito di essere una lettura “pericolosa”, perché spinge a riflettere, e lo fa in modo non invadente ma incisivo.
Te l' ho detto all' epoca confermo adesso.
RispondiEliminaLa tua è una gran bella recensione.
e io non posso che confermare! ;)
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