martedì 3 settembre 2013

Quanto dovrebbe guadagnare uno scrittore?


Stavo tornando dalla stazione, senza auricolari e tormentato dal troppo caldo, quando questa domanda mi è sorta in maniera del tutto estemporanea. Vorrei poter dire che la questione è generica eccetera, ma in testa ho proprio quel tipo di scribacchino che lavora di notte in una soffitta, con una macchina da scrivere e magari sotto la luce di una lampada a olio, per poi inviare i suoi racconti a una rivista specializzata. Uno che magari inizia come piazzista di temperini e finisce per scrivere veri e propri best seller. Insomma, quel tipo di figura romantica che l'uomo della strada, che probabilmente non legge neanche un libro all'anno, ha in mente quando pensa a uno Scrittore*.

È qualcosa che avevo già accennato, ma vorrei sottoporre una breve considerazione.
Io ho organizzato un contest, quel 3Narratori che prima o poi partorirà l'ebook di fine estate che tutti aspettate da circa cinque mesi (!), dove come premio avevo deciso di dare 15 euro a ciascuno dei primi tre classificati. Un premio di 15 euro è simbolico, essendo più o meno il costo di un acquisto in libreria, ma non è un vero pagamento. Se infatti consideriamo che un partecipante poteva inviare un racconto di lunghezza compresa fra 1000 e 4000 parole, corrisponde a circa 1,5 centesimi a parola nel primo caso e meno della metà di un centesimo nel secondo.
Qual è il prezzo di una parola?
Ora, la Tor Books paga 25 centesimi a parola entro le prime 5000. Tor è un editore importante nell'ambito della letteratura d'immaginazione. Non il più grosso, ma importante. Seguendo questa politica avrei premiato i vincitori con premi da 250 a 1000 dollari, la conversione la lascio per compito. Riviste di vario ambito, invece, ho trovato che pagano da 5 a 10 centesimi a parola. Per un racconto di 1000 parole, partiamo da 50 dollari.

Con questo dove voglio arrivare? Io non sono un editore, e fintantoché lo farò per divertimento e passione mi limiterò a offrire premi simbolici. Dal punto di vista dello scrittore, come si configura la questione?

La modalità retributiva più diffusa è quella a ore. In altre parole, per un'ora di lavoro ti pago un tot. È un'esperienza piuttosto diffusa per chiunque abbia dato ripetizioni o ne abbia usufruito, ed è semplice il più delle volte dividere lo stipendio mensile per il numero di ore lavorative in quel mese.
Ora, quanto ci mette uno scrittore, il nostro Scrittore, a scrivere un racconto?
È chiaro che se anche ottenesse quei 1000 dollari dalla Tor Books, consegnando un solo racconto al mese avrebbe qualche difficoltà a tirare avanti. Inoltre ci sono le tasse, anche se ammetto di non avere la minima idea di come venga tassato questo tipo di lavoro - se qualcuno può illuminarmi, gliene sarò grato!

Però 2000 dollari lordi, per esempio, sarebbero un signor introito mensile. Facendo la media del pollo, si tratta di sfornare (scrivere, riscrivere, revisionare, editare, far circolare, eventualmente ripetere il ciclo e poi inviare) un racconto ogni 10 giorni lavorativi circa. In termini orari, lo Scrittore guadagnerebbe 12,5 dollari l'ora, che sarebbe comunque poco sotto i 10 euro l'ora.
Ovviamente qui possono partire mille obiezioni, a cominciare dal fatto che per lo Scrittore la "giornata lavorativa" è un'approssimazione inapplicabile. Ma il discorso è spannometrico, suvvia.

Cosa significa lavorare lavorare 80 ore per una storia? È fattibile? Corrisponde alla realtà?
Ora, qui ci vorrebbe uno scrittore di professione. Io posso solo dire che il tempo dedicato alla scrittura non è solo quello passato sulla tastiera. Così come questo post nasce da alcune considerazioni serali, da alcune letture e da un incontro avvenuto qualche mese fa, un racconto non si risolve nel tempo necessario alla sua digitazione. È difficile da quantificare.
E potrebbe andare male. Il racconto viene rifiutato. O accantonato. O mille altre cose, per esempio non venderlo a Tor ma a qualcuno che paga 5 centesimi a parola o meno. Essendo virtualmente libero di gestire il proprio tempo con la massima flessibilità, lo Scrittore deve anche essere in grado di utilizzarlo al meglio. Dico "virtualmente" perché magari uno per vivere fa altro e scrive nel tempo libero. 80 ore sono tantissime per chi ha un lavoro principale, amici e famiglia.

Immaginiamo di impegnare ogni sera un paio d'ore per la scrittura, più 10 nel weekend. Sono 20 ore alla settimana, che si vanno ad aggiungere alle 40 del lavoro principale, per un totale di 60 ore. Sono circa 8,5 ore al giorno su tutta la settimana.
Tanto?
Poco?
Inutile generalizzare, siamo diversi e mi accontenterei della consapevolezza che esiste qualche editore a cui inviare racconti al di là dell'occasionale concorso che magari comporta l'acquisto di copie extra scontate.

Ultima cosa, ho volutamente ignorato la figura del Romanziere applicata alla realtà. Un interessante esercizio sarebbe riflettere se a un aspirante scrittore convenga, da un punto di vista squisitamente economico, sfornare storie a ciclo continuo o puntare tutto sulla maratona.
Ma questo è di gran lunga un discorso troppo complesso per le mie spanne.

_______
*
Ora, bando alle ipocrisie. Si intende chi scrive per soldi, perché la gloria è a buon prezzo. Siamo ancora nell'ambito del "vivere di parole", in questo caso limitatamente alla narrativa.

14 commenti:

  1. Il problema reale è ciò che sono disponibili a investire - è questa la parola adeguata - su un autore gli editori. Da questo punto di vista anche l'attività di scrittore è in realtà un'attività a suo modo "imprenditoriale", nel senso che si può lavorare per anni e anni (Camilleri, tanto per fare un nome) senza sbocchi per poi azzeccare il testo e il personaggio giusto. Il calcolo a tempo del lavoro impiegato risulta un po' fuori luogo, come misurare il tempo con il termometro o la temperatura con l'orologio. In ogni caso direi che i tuoi quindici euro sono un pagamento accettabile per un autore sconosciuto e un'elemosina quasi insultante per un autore noto ;-)
    Il che, ovviamente, non significa che tu debba smettere, anzi. Ma il valore del tempo impiegato, in sostanza, è (ahimé) legato alla notorietà.

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    1. In realtà mi rendo conto di aver confuso le acque. La domanda da cui ero partito era riferita al tizio che anziché fare il giardiniere, l'insegnante o l'impiegato sceglie di buttarsi nella scrittura. Vero che non è un tipo di lavoro da dipendente, ma era un modo di quantificare il carico di lavoro (e la relativa retribuzione) necessaria a pagare affitto + cibo + spese varie. Visto che il primo stipendio dovrebbe essere poco al di sotto dei 1000 euro, l'ho preso come pietra di paragone, e scelto come carico di lavoro il quantitativo di ore che un lavoratore dipendente svolge ogni mese. D'altra parte, per fare dei paragoni bisogna trovare un fattore di conversione. Poi è chiaro che uno può fare la fame per anni e poi fare il botto. Non credo che molti, di quei pochi che ci vivono, siano subito partiti con un successo. Camilleri, per esempio, non credo si sia occupato solo di scrittura, così come molti scrittori sono stati (o sono ancora) giornalisti, insegnanti, ricercatori, avvocati e quant'altro. Ma queste sono tutte correzioni di ordine superiore rispetto al modello che avevo in testa.
      Comunque, ti stupirà, ma si può misurare la massa solare con... un metro! :)

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  2. Chi sceglie di buttarsi nella scrittura fa, generalmente, bene a tenersi ancora il suo vecchio mestiere. Penso che, anche nel mondo anglosassone, le aspettative di poter campare scrivendo siano fragili, salvo entrare nel girone dei fortunati. Del resto il buon Gene Wolfe diceva nel suo Castle of Days che ci sono enormi vantaggi a lavorare e scrivere contemporaneamente...

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    1. Lo credo anch'io. Ho letto il tuo articolo, mi sento d'accordo con il buon Wolfe... di cui, mea culpa, non ho ancora letto alcunché (ma rimedierò). Mi viene in mente il buon George R. R. Martin, decisamente uno scrittore professionista, che però lavora allo stesso tempo come sceneggiatore, editor e curatore. Sono sempre lavori nell'ambito letterario, ma è una scelta tutt'altro che scontata dato che oggi potrebbe tranquillamente vivere dei diritti sulle sue storie. Paradossalmente, è un'attività che la base dei fan, invece, non sembra apprezzare.

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  3. Che domanda ardua! In realtà è un po'un dubbio che personalmente mi sono sempre posta per tutte le professioni artistiche, che di certo non sono regolate dal "timbro del cartellino", per usare un'immagine chiara. Per un pittore si potrebbe dire lo stesso. Il tempo di lavoro di scrittori e artisti in genere inizia con l'ideazione e la progettazione oppure con la realizzazione materiale dell'opera? Trovo che sia un gran dilemma, ma è una bella idea invitarci a pensarci su! Comunque anch'io, come Bruno, ritengo che possano esserci dei benefici (e non solo economici) nell'affiancare al lavoro della scrittura un'altra professione (legata o meno ai contenuti di cui si scrive). :)

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    1. Il pittore è un altro esempio, forse anche più bello perché rende più l'idea di "imprenditore di se stesso" di cui parlava Max. Hai dipinto dei quadri, va bene. Ma qualcuno li compra? Quanto riesci a ricavarne? Paradossalmente, proprio quel tizio che avevo incontrato ai tempi della prima discussione (quella sul vivere di scrittura) mi aveva raccontato di un periodo in cui aveva deciso di fare "vita di strada". Penso si possa applicare alla pittura, essendo che ho visto più quadri in strada che nelle gallerie d'arte.

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  4. Un'osservazione arguta. Il punto è che, come sottolinea Athenae Noctua, le professioni artistiche non timbrano il cartellino, dunque uno scrittore, un pittore, un cantautore, un regista potrebbero essere messi tutti sullo stesso piano: il tempo di lavoro inizia molto prima della realizzazione dell'opera.

    Ma... proprio in questo momento ho pensato a questa cosa: oggi tutti sanno scrivere e tutti vogliono diventare scrittori (un "tutti" relativo, s'intende), e alla fine non legge più nessuno.
    A volte mi chiedo se non sia il caso di rovesciare le professioni e... pagare il lettore! :P

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    1. Sai che presso alcuni editori il first reader è una figura... ok, non professionale ma pagata? E mi dicono che nell'editoria anglosassone esistono i professional reader, anche se devo ancora inquadrarli bene.
      A tutti gli editori in ascolto: io leggo molto, se qualcuno volesse pagarmi per questo ne sarei più che contento! :D

      Non vorrei aver distolto l'attenzione con il discorso del cartellino. Il problema che mi ero posto era: si può vivere di scrittura? L'unico modo per farlo è guadagnare con le storie abbastanza soldi da pagare affitto e spese varie. E quello dell'orario è solo un modo di quantificare il lavoro, un po' come esprimere il fabbisogno energetico di una nazione in... lampadine! (L'approccio vincente di un saggio sull'energia che avevo iniziato a leggere.) Se viene fuori che per sopravvivere devi lavorare l'equivalente di 40 ore a settimana, è equivalente a un lavoro da dipendente. Se diventano 100, è equivalente allo schiavo che trascina blocchi di granito per il Faraone. Ma questo, come avete sottolineato in tanti, dipende da troppi fattori.

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  5. Sai che più che un lavoro artistico (arte è una parola ormai vuota) definirei la scrittura come un'attività da libero professionista? Del tipo avvocato, o consulente o architetto. E se non sei bravo come avvocato, ecco, chiudi lo studio e fai il dipendente. E' una provocazione, però il vantaggio del lavoro "a rischio di impresa" è che se sei bravo allora guadagni molto, altrimenti galleggi a malapena o peggio, affoghi. Il tuo esempio di Martin mi piace perché riasume il rischio di impresa (cioè tenersi più possibilità) ma anche la passione per il proprio lavoro, cosa che difficilmente un wage-slave o timbra cartellini ha.

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    1. Può anche essere una strada. Se non sei bravo come scrittore, magari puoi trovare lavoro nell'editoria o in altri ambiti legati al mondo letterario, in modo da non bruciare tutta la passione che ti aveva spinto a scrivere.

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  6. Calcoli interessanti. Sinceramente se mi pagassero anche solo 5 euro l'ora tutti (e dico tutti) i lavori che faccio, credo sarei soddisfatta. E forse scriverei molto di più, invece che arrancare tra una cosa e l'altra.

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    1. Mi sono limitato alla scrittura di pura narrativa. Per le altre cose che fai, ti auguro proprio di trovare qualcosa di retribuito!

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  7. a patto che trovi l'editore, la mia impressione, anche ammettendo una certa meccanicità di scrittura, è che si farebbe meno fatica a fare il muratore. quindi direi un guadagno superiore a quello dei cantieri, diciamo a cominciare da poco più di duemila euro al mese in su, che sarebbero settecento a settimana, con un racconto di 5000 parole ogni sette giorni, quattro al mese.

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    1. Scrivere tanto, quindi, come fanno molti giornalisti. Oppure trovare un editore come la Tor, che paga quasi a peso doro. Fra l'altro, un aspetto che ignoro del tutto è come venga tassato questo tipo di lavoro. Forse ci sono dei vantaggi rispetto al lavoro dipendente.

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