mercoledì 31 luglio 2013

L'apoteosi, ovvero come venire ammessi all'Olimpo (e ingannare la morte)

Uno degli aspetti più affascinanti - e in prima analisi pericolosi - di Godbreaker (romanzo che ho recensito nel post precedente) è la presenza di parecchie divinità fra i dei personaggi. Uno dei tre protagonisti è un Dio, di età più che rispettabile (4000 anni). Benché la presenza di esseri soprannaturali non è nuova nella letteratura fantastica, è chiaro che un essere divino in qualche modo trascende il mondo terreno alle cui regole, chi più e chi meno, anche i mostri debbono sottostare. Sono gli Dei a stabilire le regole, e anche se ciò non impedisce l'esistenza di poteri superiori, fa una certa differenza.

In Godbreaker incontriamo divinità di vario tipo. La maggior parte sono Dei della Terra, ovvero esseri di origine terrena, nati fra gli uomini, che hanno trasceso la propria natura mortale mediante un processo di rinascita nella nuova forma. Come si diventa Dei? Ci sono momenti in cui un umano riesce a lambire l'essenza divina. Può capitare a un artista in un momento di ispirazione, oppure a un guerriero sul campo di battaglia. In alcuni casi, l'identificazione con il divino è talmente intensa da provocare, mediante un processo di rinascita, il superamento dei limiti umani.
Questo, grossomodo, quanto dice Tarenzi. Vediamo ora come, nel mondo Classico e oltre, viene presentato questo processo, il cui nome è apoteosi.


Flectere si nequeo Superos...


Raffigurazione di Kyngdoc
Nell'antica Grecia gli Dei scendevano spesso e volentieri fra gli uomini. Vi fu un'epoca, l'Età dell'Oro, in cui le due stirpi vivevano insieme. La fine di quest'epoca è sancita con l'inizio del dominio di Zeus, che crea Pandora e la invia con tanti saluti agli uomini (che però hanno il fuoco). In questo periodo di transizione viene stabilito che l'umanità interagirà con i Celesti attraverso il sacrificio: la separazione appena sancita è definitiva.

Gli Dei, tuttavia, sono al di sopra delle regole. Zeus primo fra tutti, che si divertirà a disseminare rampolli in lungo e in largo con le sue scappatelle. E con i figli (e figlie, suppongo) iniziano i problemi. Finora tutto ciò che è divino è originato dalla stirpe dei Titani, a loro volta figli di Urano*; ora sulla Terra ci sono esseri a metà fra i due mondi, i Semidei appunto.
I Semidei più famosi sono sicuramente Dioniso ed Eracle. Dioniso, il Dio straniero, è la mia divinità preferita e magari un giorno ne parlerò. Eracle è noto a tutti, se non per la sua tragica fine, per le sue dodici fatiche - trasposte più volte, sia al cinema che in televisione. Entrambi, al termine della loro avventura terrena, saranno "promossi" e ammessi sull'Olimpo dove potranno cibarsi di nettare e ambrosia. Altri saranno più sfortunati, come il povero Achille: ricordato per sempre ma costretto a essere un'ombra tra i defunti per l'eternità - rimpiangerà la sua scelta. Non basta quindi il sangue divino a suscitare la benevolenza di Zeus, che in ultima analisi ha l'ultima parola su chi può essere ammesso in famiglia.


... Acheronta movebo


Quello dei Semidei non è l'unico esempio di apoteosi. Nel III secolo a.e.v. Berenice II andò in sposa a uno dei tanti Tolomei d'Egitto. Dopo le nozze, il Faraone partì in guerra e Berenice sacrificò una ciocca dei propri capelli ad Afrodite affinché questi tornasse sano e salvo, e preferibilmente vittorioso. Questo atto mostra una donna pia e devota, tanto che la leggenda vuole che la ciocca, poi scomparsa, fosse innalzata in cielo. Il poeta Callimaco vi dedicò un poema, giuntoci attraverso la versione del buon Catullo: La Chioma di Berenice.
La Chioma di Berenice è una delle 88 costellazioni presenti nella sfera celeste. Non riesco però a immaginare uno dei Cavalieri dello Zodiaco** sotto il suo segno!

Un altro tipo di apoteosi, certo meno meritevole, è quello a fine politico. Passiamo dall'Egitto a Roma, dove l'Imperatore è Pontifex Maximus nonché a sua volta oggetto di culto. La transizione non è casuale, poiché anche i Faraoni erano parificati a divinità nel corso del regno. Per gli Imperatori il discorso è analogo, anche se mi sembra di ricordare che ciò avvenne con una certa gradualità e fino al momento in cui fu chiaro che questo stato di cose era incompatibile con la religione cristiana, che divenne, ricordiamolo, da oggetto di persecuzione a religione di stato nel corso dei primi tre secoli dell'era volgare.

Lucio Anneo Seneca pensava che la deificazione dell'Imperatore fosse un'idea cretina. Ne era così convinto che compose l'Apokolokyntosis, un trattatello satirico in cui si prende gioco della morte di Claudio (che disprezzava per ragioni sia politiche sia personali) e ne racconta trasformazione in... zucca! Ciononostante, Claudio fu effettivamente divinizzato nel 54 e.v. per decreto del Senato. Non deve stupire che fosse il Senato a sancire il fatto, perché esso era ammantato di una certa sacralità. Almeno fino all'avvento del cristianesimo, quando l'Altare della Vittoria, di fronte al quale i senatori prestavano giuramento, fu rimosso e distrutto grazie agli indefessi sforzi del vescovo Ambrogio, oggi santo patrono di Milano.
Sulla religione dei Romani ci sarebbe molto da scrivere, trovando il tempo di approfondirla. Anche sul ruolo dei Santi nella religione cristiana, che nel Cinquecento fu uno dei punti di maggiore rottura durante il corso della Riforma.

Ossian accoglie gli Eroi della Rivoluzione, di Girodet

In tempi non sospetti, l'apoteosi ha mutato connotazione. In ambito religioso, un Dio unico e assoluto aveva sgomberato le miriadi di Dei e Semidei che affollavano il Pantheon. In politica, invece, questa usanza è perdurata, perlomeno a livello simbolico. Un dipinto realizzato ad arte può essere ancora un modo per celebrare le imprese e consegnarle alle successive generazione con un'aurea di gloria. Qualche settimana addietro potevo ammirare l'apoteosi di Maria Teresa d'Austria nel castello di Schönbrunn (Vienna). Nel Campidoglio a Washington, invece, è dipinta l'apoteosi del primo presidente degli Stati Uniti. Infine, Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, oltre ad avere un nome lunghissimo, consegnò alla storia l'apoteosi degli Eroi della Rivoluzione Francese. Anche questo credo di averlo visto, poiché custodito al castello di Malmaison (dimora di Napoleone fuori Parigi).

E con l'odiato Corso, cari lettori, mi ritiro. Se vi verranno in mente altri esempi, in arte o in letteratura, sarò ben felice di raccoglierli. Se invece ho solleticato l'interesse, potete fiondarvi su un altro post dove un amico affronta un altro aspetto legato alla ricerca dell'immortalità.

Se invece non masticate il latino (che io, poi...) e vi chiedete cosa significhino i due titoletti, eccovi una traduzione sommaria:

Se non posso piegare gli Dei Superni, smuoverò l'Acheroronte

Dove Superos è una forma poetica per indicare gli Dei attraverso la loro superiorità rispetto all'uomo. L'Acheronte è una... ehm... sineddoche o metonimia? A ogni modo indica l'Oltretomba, dove il buon Enea si reca in ottemperanza a quella che pare una consuetudine fra i grandi eroi dell'epica.
Il verso è tratto dall'Eneide di Virgilio.

_______
*
La "genesi" nel mito greco in realtà è complicatissima e ci sono diverse tradizioni. Per un'efficace introduzione all'argomento, consiglio il solito libro di Vernant: L'universo, gli Dèi, gli uomini.
**
Prima o poi vi toccano.

4 commenti:

  1. Credo sia una metonimia...
    Zeus aveva seminato in giro tanti figli da non capirci più niente. Pare che fosse sia padre sia bisnonno di Perseo! E poi dice che uno si confonde!
    Il Moro

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    1. Questo spiega perché corazza Perseo con ogni sorta di arma magica! Da padre non l'avrebbe fatto, ma si sa che ai (bis)nonni piace fare regali ai (bis)nipoti! Comunque a Zeus bisogna riconoscere un certo acume, che lo ha preservato dall'essere ammazzato da uno dei suoi figli, come suo padre e il povero nonno.

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  2. Gran bel post, adoro questi argomenti :D

    I due esempi classici di apoteosi mi hanno dato da pensare. Sono profondamente diversi tra loro: di primo acchito, penserei subito a Dioniso come divinità e a Eracle come a eroe semidio (poi asceso, ma il pensiero viene dopo). Forse perché, nell'immaginario latino, Dioniso si è sovrapposto a Bacco-Libero, divinità senza se e senza ma? O forse perché nelle tragedie greche Dioniso lo incontri solo in forma divina, ed Eracle solo in forma eroica?
    Ci rifletterò.

    P.S. mi piacciono un sacco anche le immagini che hai scelto!

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    Risposte
    1. Poni una questione interessante. Dioniso è un semidio a tutti gli effetti, ma quando compare a Tebe lo fa come un Dio a tutti gli effetti. C'è da pensare che il suo arco narrativo eroico si sia svolto in Asia, da dove conduce il suo seguito di baccanti. Anche Eracle, verso la fine, è condottiero di eserciti, ma invecchia e muore fra mille sofferenze... o forse non muore, viene salvato da Zeus e riconciliato con Era. Lieto fine. :)
      Condivido il tuo turbamento. Per svelare l'arcano (anche Dioniso aveva i suoi misteri) occorre una base più solida di quella di cui dispongo. Se scopri qualcosa, sai dove trovarmi!

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