Lasciate le porte Cilicie, risulta oramai chiaro che i mercenari greci (che sono in realtà all'incirca dodicimila fra opliti, peltasti e altri reparti leggeri) sono stati ingannati da Ciro e scoprono che il fine della spedizione non è quello di combattere una tribù delle montagne, i Pisidi... no, il nemico è Artaserse II, il Gran Re dell'Impero Persiano!
Colui che, volendo, può presentarsi alle porte della Grecia con un milione di uomini al seguito.
Fioccano imprecazioni, ma alla fine prevale il rispetto per la parola data e la gratitudine verso Ciro, magnanimo e benefattore, cosicché i Diecimila proseguono fino a Babilonia, dove subiscono una sonora sconfitta.
O meglio, Ciro e i suoi centomila "indigeni" sono sconfitti, con lo stesso Ciro che muore durante una carica suicida verso un contingente di cavalleria sei volte superiore, nel tentativo di chiudere le danze con il fratello. I greci vincono la loro battaglia e mandano in rotta l'esercito nemico, chiedendosi, a fine giornata, quanto ci metterà Ciro a ricongiungersi a loro. Alla scoperta che il satrapo ribelle è deceduto, tuttavia, la situazione comincia a diventare davvero pericolosa:
«Non si può certo pensare che ci lasci andare volentieri in Grecia a dire che noi, un pugno di uomini, gliele abbiamo suonate [al Gran Re] proprio sull'uscio di casa sua [Babilonia] e poi ce ne siamo tornati a casa ridendogli in faccia!»
L'impresa dei Diecimila, ovvero il ritorno a casa sani e salvi (al netto dei molti caduti) è qualcosa di epocale. Dopo i precedenti scontri con i Persiani, sconfitti a più riprese a Maratona, a Salamina e a Platea, dove le speranze di conquista dei Re di Persia andarono in frantumi e la Grecia rimase una terra di "uomini liberi". Liberi di schierare le proprie falangi contro altri greci e massacrarsi fino a quando Sparta non afferma la propria supremazia, aiutata anche dalla mania tutta ateniese per la democrazia.
Poi vi furono i Diecimila.
E almeno altre due spedizioni, una guidata da Sparta e l'altra da Tebe, durante il suo breve periodo di egemonia. Chi ricorda la falange obliqua?
Poi ci fu Alessandro, circa 60-70 anni dopo(*) che arriva anche lui a Babilonia, la conquista e continua nell'avanzata, travolgendo ogni popolazione che incontra fino al fiume Indo.
L'anabasi
Il titolo dell'opera di Senofonte, "Anabasi", significa letteralmente "spedizione verso l'interno" ed è un'idea piuttosto affascinante. Altri esempi ce ne sono a frotte nella storia, essendo il caro e vecchio concetto di sfondamento quando il nemico era un impero non in grado di assicurare il presidio militare del territorio. La forza persiana, infatti, era nella capacità di ammassare eserciti immensi, ma per farlo aveva bisogno di molto tempo e di immani risorse.
E soprattutto, non aveva gli opliti, che si rivelarono superiori in tutte le battaglie campali, supportati da truppe di fanteria leggeri come peltasti, frombolieri, arcieri... e cavalleria!
Curioso come nel medioevo, al contrario, il nobile prediliga il combattimento a cavallo e il cavalierato, mentre nell'antica Grecia i nobili investivano denaro e risorse nell'addestramento di opliti, considerando la cavalleria come supporto alla fanteria.
Così ai tempi della prima crociata, nel 1096, l'idealizzazione dell'esercito consisteva in qualche migliaio di cavalieri guidate dai nobili accorsi all'appello del papa a Clermont, alla guida di fanti, naturalmente... e di una marea di pezzenti. Perché vi furono almeno tre crociare: quella dei nobili, principi e cavalieri che risposero all'appello di Clermont, quella "informale" dei principi tedeschi, quella delle migliaia di poveracci guidate da straccioni, eremiti e altri personaggi sui generis.
Cavalieri normanni contro la fanteria sassone durante la battaglia di Hastings del 1066, arazzo di Bayeux. |
Qualcosa va fin troppo per il verso giusto, perché i cavalieri crociati, guidati da Goffredo di Buglione, arrivano a Gerusalemme e la "liberano" in un bagno di sangue. Da allora le crociate avranno la connotazione di una carneficina dopo l'altra per il mantenimento dei domini cristiani in Asia, con la differenza che l'Islam trova la sua forza e riesce a respingere l'invasore, una città dopo l'altra.
Tanto che, a un certo punto, i Turchi assediano Vienna!
Ma questa è un'altra storia, e siamo già in piena età moderna, con tutte le differenze che questo comporta.
Frattanto, nel 2012...
Questo breve excursus storiografico nasce solo in parte dalla lettura dell'Anabasi di Senofonte o di altre fonti, ma è soprattutto un punto di partenza per parlare della genesi di un romanzo. In altre parole, come l'ambientazione di un'opera di fantasia può prendere spunto da un particolare avvenimento o contesto storico.
Ma di questo avremo modo di parlare più avanti.
Continua...
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Un po' di cronologia: la battaglia di Maratona, in cui Dario I affrontò gli Ateniesi (e alleati) avvenne nel 490 a.e.v.; le battaglie delle Termopili, di Salamino (navale) e di Platea, condotte dal Re Serse I, avvennero tra il 480 e il 479 a.e.v. ; la spedizione dei Diecimila avvenne negli anni 401-399 a.e.v.; la sconfitta definitiva di Dario III, a opera di Alessandro, avvenne infine nel 330 a.e.v., a Persepoli.
Curioso come l' Anabasi duri solo uno dei libri che compongono il testo, tutti gli altri ( erano 9 o ricordo male?) descrivono con toni da perfetto romanzo d' avventure moderno il ritorno di Senofonte e i Greci nella loro patria.
RispondiEliminaUna vera e propria Catabasi.
Ricordi bene! Anzi, la prima parte, l'Anabasi vera e propria, è raccontata in maniera scarna e senza molta passione. La parte del ritorno, invece, me la sto godendo moltissimo!
EliminaIo la falange obliqua me la ricordo (ho fatto l'esame di storia l'anno scorso...)!
RispondiEliminaNon conoscevo invece l'Anabasi di Senofonte. Io il concetto di Anabasi l'ho studiato affrontando "La Repubblica di Platone"... Ora vado a leggermi il seguito.
La falange obliqua è un'innovazione geniale, ma diede ai tebani un brevissimo periodo di egemonia. L'Anabasi è essenzialmente un romanzo militare, per cui probabilmente non ti interesserebbe.
EliminaPensa, io la Repubblica non l'ho ancora letta!
Va be', non è che perché è un romanzo militare non posso leggerlo, però probabilmente hai ragione, non è il mio genere! Io "la Repubblica" non l'ho letta tutta, lo confesso. Per un esame universitario ho dovuto studiare svariate parti dei libri che la compongono (cioè quasi tutta...). Non è tra i testi più semplici da leggere, ma si può fare... ti consiglio il capitolo in cui parla delle donne, la sua capacità di contraddirsi cammin facendo è destabilizzante, almeno secondo me.
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