lunedì 12 novembre 2012

Vivere di parole

Qualche tempo fa, su un noto social network qualcuno chiedeva: "Ma è possibile, al giorno d'oggi, riuscire a campare scrivendo?"


La mia risposta era possibilista, nel caso di giornalisti, sceneggiatori, copywriter e tutti i vari mestieri di cui probabilmente ignoro l'esistenza. Se si pensa, invece, al Romanziere con accezione un po' ottocentesca, direi un secco "no". Secco perché, a parte i nomi che vendono vagonate di copie, dubito che con i soli diritti si raggiunga una condizione economica sufficiente a tagliare con altri lavori. Ho preso la pagina su wikipedia di un Camilleri a caso, che è stato anche sceneggiatore e regista. Altri scrittori sono o sono stati giornalisti, insegnanti, ricercatori universitari... Insomma, era un discorso su cui ero abbastanza convinto.

Il fatto è che nel corso della mia odissea di ritorno da Lucca ho conosciuto uno scrittore.
Uno che coi suoi libri ci vive, o almeno così sostiene.
E che dice: "Questo è il mio lavoro, che poi lavoro non è!"

Vediamo di approfondire.
Questa persona - di cui non farò il nome, anche perché ha poco a che fare con i temi che tratto solitamente e probabilmente non leggerò mai un so libro - non nasce scrittore. Anche lui aveva un lavoro convenzionale, nello specifico quello di cuoco/aiuto cuoco. Insomma, cucinava. Non solo. Per periodi limitati ha fatto l'artista di strada, prima come pittore e poi con letture in pubblico di brani e poesie, partecipando anche a qualche festival di strada che si tiene non-ricordo-dove. Fa tuttora parte di un'associazione culturale della sua zona.
Definisce se stesso un autore - questo per rinfocolare la riflessione della mia vicina di banco. Ma su questo non mi dilungherei.

Piuttosto, mi ha colpito il fatto che non ritenesse la scrittura un lavoro. Certo, per lui è essenzialmente una passione. Se ci guadagna, tanto meglio!
Ma una passione non può essere un lavoro? Anche a questo riguardo sono state espresse molte opinioni, comunque secondo una diffusa definizione del termine (= occupazione che prevede una retribuzione) possiamo considerare la scrittura come un lavoro.
Può non essere l'unico.
Ma come si fa a campare con un romanzo o con due?
Io non sono uno che fa domande dirette, ma qualcosa l'ho capito. Per esempio, che ha venduto almeno 2000 copie dei suoi libri. Ora, dato che la percentuale per l'autore si aggira intorno al 6-8% e che un libro non può costare più di quel tanto, non sembra che uno possa tirare avanti in questo modo. Con un prezzo di copertina di 10 euro, per esempio, si tratta di 1200-1600 euro, presumibilmente lordi - incidentalmente, non vi viene da pensare che il denaro lordo sia piuttosto riferibile a riciclaggio & affini, anziché a una retribuzione onesta?
Comunque, non si parla di cifre altissime. A meno che non abbia sbagliato i conti, o che uno riesca a vendere, che so, 1000 copie al mese. Non ho molto approfondito, ma credo che a meno di non piazzare vagonate di libri, uno non riesca ad avere la sua sicurezza finanziaria.

A questo punto potrei considerare altre fonti di introito.
Il nostro autore è infatti ogni settimana in giro per l'Italia, per lavoro - qui ha cominciato a definirlo tale. Incontri con l'editore, perlopiù, ma anche eventi di vario genere, per esempio presentazioni e letture in pubblico. Ora, a una presentazione ci vanno in quattro... ma se fosse in un locale in, con lo sponsor di una grossa marca?
Sì, ho detto sponsor.
L'autore in questione ha uno sponsor, dato che il suo libro, forse anche il precedente, si può accostare a un certo tipo di prodotti e ad altre forme d'arte. Sponsor fa pensare subito ai soldi, è la parola magica che sblocca molte porte. Sono quindi capitato in un altro caso particolare, mi chiedo?
Sinceramente conosco troppo poco dell'autore in questione per giudicare.


Insomma, è stato un incontro decisamente interessante. Di scrittori ne conosco veramente pochi e mi fa piacere che qualcuno riesca a viverci, anche se mi rendo conto che sia l'eccezione - oppure anche qui mi sbaglio?
Non so, mi piacerebbe allargare un po' il discorso. Qualcuno di voi conosce un autore e si sente di aggiungere pezzi al mosaico?

12 commenti:

  1. So che ci sono scrittori e autori che hanno un contratto a prescindere dalle vendite: ossia dal momento che hanno in mente il libro lo comunicano alla loro casa editrice e stipulano un contratto, un tot subito e un tot alla consegna; altri che vengono "incaricati" di scrivere un libro; anni fa c'è stato un libro che ha avuto un enorme successo (non meritato in quanto il libro è scritto in un italiano squallido e monotono) che è stato costruito a tavolino da un esperto di marketing e poi pubblicato da questo scrittore (in questo caso considerando che dietro c'era uno staff da far guadagnare, il tal libro è stato pubblicizzato al massimo ed è diventato anche un film in tv - forse anche al cinema - non ricordo). La cosa positiva è che i successivi libri del tal autore hanno venduto poco e niente.

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    1. Lascia perdere. Io ho recentemente (= un paio di anni fa) scoperto che una serie di libri per ragazzi che leggevo, appunto, da ragazzo, è stata scritta, da un certo libro in poi, da ghostwriter citati come "editor". Non che la tizia fosse chissà cosa, ma è stato come scoprire che Babbo Natale non esiste!

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  2. LOL, compagna di banco.
    Uhm, trovo veramente ma veramente improbabile che possa vendere 1000 copie al mese senza essere uno di quelli famosi.
    Sono curiosa, però. Si può sapere con chi pubblica o è top-secret?
    Io conosco una scrittrice - che è poi anche quella che mi ha messo la pulce nell'orecchio sul dilemma scrittori/autori - che pubblica con Rizzoli e che finora ha pubblicato due libri. E nonostante abbia pubblicato con una BIG, non è che guadagni granché. Non siamo abbastanza in confidenza perché io mi arrischi a chiederle dei suoi introiti, ma ricordo che diverso tempo fa qualcuno le aveva fatto una domanda abbastanza diretta e lei era scoppiata a ridere, senza neanche rispondere. Tipo 'Soldi? Quali soldi?'.

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    1. Non è che non si può sapere... Cerca di capire, io di 'sto tizio ho solo un biglietto da visita da qualche part... Dove diav... ? Oh, eccolo! Mmh... No, qui c'è solo il cellulare, mi sa che magari evito di chiamarlo...
      Insomma, per farla breve grazie alla mia ferrea memoria mi pare di ricordare un Aletti. Pare che sarà distribuito "nelle Feltrinelli" ma non saprei, sinceramente. Mai sentita. Considera però che venderà parecchie copie tramite canali diversi dalle librerie, grazie alla collaborazione con il suddetto sponsor. Inoltre, per dire, non-so-quale catena di negozi dovrebbe regalare il libro con un tot di spesa, da cui l'ordine di 1000 copie che ricordavo.
      Tra l'altro, non è ancora uscito. Il primo libro, invece, è edito da Kimerik, che puzza un po' di EAP... o perlomeno a "doppio binario".

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    2. Per inciso, ho appena scoperto che fa anche il redattore in non so quale testata locale.
      Come non detto.
      Anche se, in effetti, quello è un altro mondo da: "Soldi? Quali soldi?"

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  3. Spunti interessanti. Come hai scritto, il tizio ha pubblicato libri legati a dei prodotti, giusto? Magari ha anche un contratto coi produttori. Magari gli eventi legati al libro sono patrocinati dai produttori e il tizio prende un tot a partecipazione.
    Ci sono tante ipotesi.
    Di certo uno sconosciuto come noi non camperà mai scrivendo 1 o 2 romanzi, a meno di aver scritto qualcosa che viene scoperto da Hollywood. E allora piovono soldi, non polpette.

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    1. Eh sì, ma anche solo vendere i diritti a un editore estero probabilmente aiuta!

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  4. Grazie per aver soddisfatto la mia curiosità. Ma nel suo caso non si tratta, temo, di scrittura quanto di redazione. E non è una differenza solo di parole. Sono convintissimo anch'io che - esclusi un centinaio di soggetti più o meno validi che scrivono ovunque (libri, giornali, web, radio ecc.ecc.) - sia praticamente impossibile «vivere» scrivendo. Per lo meno scrivendo in italiano - conosco tre o quattro autori per il quali il libro pubblicato serve più o meno come una seconda tredicesima. In realtà essere legati al mondo «intellettuale» non serve a sopravvivere, mentre trovarsi un buon sponsor nel mondo della ristorazione e dintorni permette il pane e anche una buona quota di companatico. Gloria al tuo autore, insomma - non mi scandalizzo certo per una o più sponsorizzazioni - ma teniamo presente che si tratta di un caso che esula abbondantemente dal mondo della creazione artistica. Qualunque cosa questo significhi.

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    1. La cosa curiosa di questo personaggio è che costui, in effetti, ha anche un lato artistico. Nel senso che mi sembra scriva anche poesie, aforismi e affini - di non so quale valore artistico. Non so però quanto abbia a che fare con i libri che ha pubblicato, dato che notoriamente le poesie vendono zero, a parte quelle di Totti. Che spero non escano mai!

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  5. Il tuo post mi ha fatto venire in mente "Vivere di scrittura" il sito di Roberto Tartaglia.

    Non so se sia possibile guadagnare abbastanza solo scrivendo. Per i grandi nomi credo di sì, ma agli altri consiglierei di tenere ciascuno il proprio lavoro. Poi, una passione può diventare un lavoro (nel senso che può diventare fonte di reddito). Io ho varie passioni e spero di trasformarne almeno una in un lavoro che mi dia da vivere, lasciando le altre come piccoli arrotondamenti o anche cose da fare gratis! Sì, lavorare gratis per passione, lo faccio anche adesso e credo non sia così terribile, se ci sono altre fonti di sopravvivenza!

    L'incontro che hai avuto deve essere stato davvero interessante. Ero un po' invidiosa di questo autore all'inizio, ma dai calcoli che hai fatto forse non riesce proprio a mantenersi solo con la scrittura. Nonostante questo direi che è fortunato anche così!

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    1. Dipende da cosa è "abbastanza". Se ci sono altri introiti, integrarli con la scrittura può non essere così lontano dal possibile.
      Non essere invidiosa, anche lui ha passato una notte orribile. Non so se mi piacerebbe la vita che fa.

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    2. Era un'invidia dettata più dal titolo del post che dal resto. In generale credo che tutte le persone che possono vivere di un lavoro che amano vadano invidiate (in senso buono). Se tutto va bene, io rientrerò in quella categoria di persone prima o poi, quindi non mi posso lamentare.

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