venerdì 11 luglio 2014

Memorie dalla Grande Guerra

Riprendiamo il discorso iniziato circa due settimane fa?

"Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell'attesa della morte."

Sono parole di Emilio Lussu, scrittore e politico italiano. Il suo libro più noto è Un anno sull'Altipiano, da cui ho tratto la citazione. Il libro racconta l'esperienza di Lussu nell'anno trascorso con la sua brigata sull'altopiano di Asiago, a 23 anni, tra la primavera del 1916, all'epoca della strafexpedition austriaca, e quella del 1917, in concomitanza di una nuova offensiva italiana. Il libro è un misto fra memoriale e romanzo, la cui importanza è riconosciuta sia in quanto documento storico, sia per il suo valore letterario.

La descrizione della guerra di trincea è vivida e senza sconti. La risposta alla domanda di Lord Morley nella fiction 37 Days è la trincea. Nel 1914 le macchine belliche degli stati belligeranti avevano a disposizione armamenti moderni e strategie antiquate. Le prime, sanguinose battaglie si risolsero in uno stallo che durò quasi fino al termine della guerra; le munizioni, in compenso, finirono quasi subito. Il nemico principale del fante erano l'artiglieria, che bombardava le postazioni difensive, e le mitragliatrici, nascoste, che falciavano le ondate offensive. Si scavarono fortificazioni e ripari improvvisati, in cui i soldati vivevano in condizioni estreme l'attesa del momento più temuto: l'assalto.

Lussu descrive un unico assalto, mi pare, e basta a rendere l'estrema drammaticità dell'attesa e a rappresentare la tremenda carneficina. Per inciso, come Yossarian anche qui molte voci indicano come nemico i generali e lo stato maggiore, e non avevano tutti i torti! Se si stava "come d'inverno sugli alberi le foglie", l'assalto era come una improvvisa, ma annunciata, folata di vento che ne faceva cadere a frasche.

La vita di trincea, si diceva, non è facile. Un commentatore parlò di regressione allo stadio di "trogloditi", così come ci sono molti casi documentati di shock e traumi (ne scrive Kate sul suo blog, vi avverto che le fotografie sono piuttosto scioccanti) che divorarono una fetta di quella generazione mandata al massacro. Lo stile di Lussu, a dire il vero, non è crudo come quello dei narratori contemporanei. Ci sono alcuni episodi che fanno sorridere, forse inseriti per sdrammatizzare o forse per ricordare, da chi c'è stato, che dopotutto questi soldati conservavano scampoli di umanità. Sul tono della narrazione, tuttavia, gravano l'assurdità del conflitto e l'impotenza di fronte a superiori ottusi, incapaci o chiaramente spregiudicati. Il momento più drammatico non è però nel pieno dello scontro ma in uno dei momenti di calma, quando il soldato, aggrappato alla propria umanità, si rifiuta di ammazzare a sangue freddo un ufficiale nemico intento a bere caffè, approfittando di un inatteso spiraglio..

Viene da chiedersi come i generali si siano meritati questa fama. Gli italiani, per esempio, pare che fossero davvero impreparati almeno nell'uso dell'artiglieria in fase difensiva. Ma le altre nazioni? Ci vollero davvero così tante migliaia di morti per capire che l'assalto frontale non era la via per la vittoria? Certo, ci furono sperimentazioni, come i gas asfissianti, i  lanciafiamme e i carri armati britannici, che alla fine spezzarono la linea tedesca sul fronte occidentale, e altre meno note, come le corazze Farina, dall'innovativo design tardo-medievale, ma forse era la strategia a essere carente. In Un anno sull'Altipiano, Lussu racconta un anno difficile, un anno di offensive del tutto inutili visto che di lì a pochi mesi ci sarebbe stata Caporetto.

Di questa guerra parla anche uno dei miei film preferiti: Orizzonti di Gloria (Paths of Glory) di Stanley Kubrick. Il film è tratto da un romanzo del canadese Humphrey Cobb, altro reduce, che pare prenda spunto da episodi realmente accaduti. Il libro, fra parentesi, l'ho visto recentemente in libreria e credo non mi sfuggirà a lungo.
Il film è uno di quelli che va visti, anche se il regista è più noto per i successivi e tornerà sul tema della guerra con il più famoso Full Metal Jacket.

Il generale Dax ispeziona gli uomini prima dell'offensiva

La trama in breve: sul fronte francese, il generale Mireau decide di impegnare le truppe in un attacco sanguinoso per ottenere vantaggi personali; a causa dell'insuccesso decide di fucilare degli uomini per codardia di fronte al nemico, difesi dal loro comandante.

In questa vicenda, come nel libro di Lussu, i generali fanno una pessima figura, anche se meno caricaturale. Mentre il colonnello Dax (Kirk Douglas) vive con i suoi soldati e li guida all'assalto, i generali sono impegnati nei loro giochi politici. Nella scena più rappresentativa, dopo l'inizio del processo, Dax si reca per perorare la causa dei tre imputati alla residenza di campagna dove si era insediato lo stato maggiore, in cui si sta tenendo un ricco ballo con le personalità locali. La distanza fra i generali e la truppa è allucinante. Kubrick porta in scena l'assurdità delle circostanze dell'accusa per codardia a tre fanti decorati, colpevoli soltanto di appartenere a una compagnia la cui avanzata era stata rese impossibile dal bombardamento nemico.

Casi di fucilazioni per codardia, decimazioni e altri provvedimenti nati dalla presunzione di addossare tutta la colpa della staticità del fronte sui soldati sono documentati da più parti, come nel Regio Esercito. Non solo la guerra in simili disumane, quindi, ma anche un nemico interno che occupava i vertici della catena di comando; nemico che accomuna i tre malcapitati, pescati a caso, i fanti nella brigata di Lussu e il tenente Yossarian, vent'anni più tardi.

Per completezza, segnalo che anche da Un anno sull'Altipiano è stato tratto un film: Uomini contro, diretto da Francesco Rosi nel 1970. E qui mi fermo, perché di opere ispirate a fatti della Grande Guerra ce ne sono moltissime, così come di aspetti da sviscerare e approfondire. La Prima Guerra Mondiale è unica sotto molti punti di vista, quasi nessuno positivo, ed è entrata di diritto nelle mitologie moderne delle nazioni che vi anno partecipato, basti pensare ai memoriali, i rituali e le impronte rimaste fino ai tempi nostri o al successivo, devastante conflitto mondiale.

In coda, segnalo alcune fotografie molto suggestive scattate nei luoghi delle più sanguinose battaglie combattute durante la guerra. C'è anche l'Isonzo, naturalmente.

13 commenti:

  1. La Grande Guerra ha lasciato una ferita pazzesca nella storia europea, la cui ampiezza non è chiara solo perché nel giro di pochi anni c'è stato un conflitto di dimensioni maggiori e massacri peggiori, combattuto però con metodi più moderni.
    Me ne rendevo conto leggendo le cifre delle vittime, proporzioni pazzesche: come se in ogni stato europeo coinvolto una persona su venti fosse morta in combattimento, e altre due avessero riportato lesioni permamenti. Praticamente ogni famiglia ha pagato il suo prezzo (la mia, per esempio: mio zio mi raccontava sempre di suo fratello, morto a 18 anni al fronte, paradossalmente proprio nei giorni di Vittorio Veneto e a causa di una ferita non grave ma purtroppo curata male sino a provocare un'infezione...)

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    1. A me hanno raccontato poche storie della Grande Guerra, ma dovrei avere almeno un prozio morto sulle montagne. Però è vero: queste due guerre coinvolsero l'intera nazione, al punto che è difficile abbracciarne le dimensioni leggendo solo i dati numerici - e perché, come dici bene, c'è stata un'altra guerra vent'anni dopo.

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  2. Quando ho visto Lussu nella tua libreria di aNobii pensavo l'avessi trovato casualmente in casa tua :)
    E invece è vero... Stai cambiando genere letterario?

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    1. In un certo senso me lo sono trovato in casa!
      In effetti l'ultimo anno è un po' più vario, non so però se sia una tendenza o un fenomeno passeggero.

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    2. Quindi non hai scuse per partecipare al Giro :(
      (Sperando non vincano Manzoni & Co. )

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  3. La testimonianza di Lussu mi ha emozionata tantissimo e mi ha fatto riconoscere, ancora una volta, l'importanza della letteratura nella conoscenza della storia: oltre i dati, oltre i numeri, va dritta all'animo dei protagonisti anonimi riportando alla luce aspetti che i manuali tendono a trascurare. Quanto al motivo della follia del modo in cui è stata condotta la guerra, credo sia a causa della totale perdita di considerazione per l'uomo che vive nella società di massa, fatta di concorrenza estrema in cui si punta per vincere o perdere tutto, ma, qualora cercassi una spiegazione più autorevole, nel blog ho parlato in un paio di occasioni delle tesi di Hobsbawm e di questo stesso libro.

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    1. Sono proprio i personaggi umani e le loro storie a dare una dimensione diversa alla guerra; questa, gioco forza, nei manuali viene appiattita. La tesi di Hobsbawm è ripresa nel libro di Gentile, quando discute la novità di una guerra di questo tipo, credo anch'io che tali condizioni furono frutto dei tempi, e che una decade prima o dopo sarebbe magari successo diversamente (questo non ricordo chi lo diceva...).

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  4. Molto interessante questo post: non ho ancora letto Lussu, anche se me lo sto ripromettendo da tempo.
    I film citati - bellissimi - descrivono perfettamente, a mio avviso, la follia che pervase quegli anni.

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  5. Certamente sai già che la proiezione di "Orizzonti di Gloria" venne vietata in Francia fino al 1975: i tanto democratici francesi non potevano tollerare che uno degli episodi più infami della storia del loro esercito potesse ispirare un, sia pur grande, film americano antimilitarista!

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    1. Quando un'opera tratta questioni scomode vengono attuati questi discutibili meccanismi di protezione, anche quando non ce ne sarebbe il bisogno. Poiché le nazioni coinvolte nella Grande Guerra vissero a lungo nel suo mito, questo tipo di rivelazione poteva essere scomodo... e altre questioni sono scottanti oggi, anche se c'è da sperare che 100 anni abbiano frapposto fra noi e il conflitto un po' di obiettività.

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  6. La corazza farina era qualcosa di ridicolo

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    1. Soprattutto perché la passavano come grande ritrovato tecnico!

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