"Tell me, Winston. What does it take to lead a democracy into war?"
(Edward Grey, 37 Days)
Come scoppia una guerra mondiale? Sembra lecito chiederselo l'anno in cui ricorre il centenario dell'inizio della Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, uno dei tanti spartiacque della storia europea e fra i più sanguinosi. Come è iniziata? A scuola studiamo che l'Europa era una polveriera che esplose a seguito dell'assassinio dell'Arciduca d'Austria Franz Ferdinand a opera di un signor nessuno, il nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip, ma da qui a comprendere i meccanismi che erano in moto e le decisioni che hanno spinto le nazioni in una direzione piuttosto che nell'altra il salto è ampio.
Di questo tratta 37 Days, una graziosa miniserie di tre episodi della BBC. I trentasette giorni sono quelli intercorsi tra l'azione di Princip e la dichiarazione di guerra dell'Impero Britannico alla Germania. Su questi due stati la serie si focalizza, seguendo un certo numero di personaggi chiave su entrambi i fronti. Altre nazioni sono messe in secondo piano, soprattutto l'Austria-Ungheria che sembra eterodiretta dal Kaiser Wilhelm II, così come la reazione popolare agli eventi.
L'intento dell'opera, in effetti, mira a presentare al pubblico le ragioni che hanno provocato l'ingresso in guerra degli inglese e in questo riesce efficacemente, anche a costo di qualche semplificazione e una dose di parzialità. I tedeschi sono tutti un po' su di giri rispetto ai posatissimi inglesi (eccetto Churchill, allora a capo della Royal Navy); il Generale Moltke, capo di stato maggiore, sembra assetato di sangue. Il personaggio tedesco di maggiore rilievo, che storicamente gestì la crisi, il Cancelliere Bethmann-Hollweg, è più posato ma tiene nei momenti chiave sempre un atteggiamento ambiguo e non sempre coerente. Va da se che qui non si tratta di personaggi inventati ma di figure storiche, e che quindi il mio parere potrebbe essere stracciato dal primo studente di storia che passa, tuttavia non riesco a credere che i tedeschi al comando fossero degli invasati; o forse lo erano davvero? Resta il fatto che il personaggio di Edward Grey, ministro degli esteri britannico, pur non celandone le responsabilità, viene presentato come un perfetto gentleman vittoriano, mentre Moltke è un bulldog.
In una cosa gli inglesi sono graziati dalle forbici dello sceneggiatura: le riunioni del consiglio dei ministri. Mentre sul fronte tedesco la questione del finanziamento viene liquidata con una battuta sui socialisti, oltre Manica viene dato ampio spazio alla sofferenza con cui l'organo esecutivo, che all'epoca era più preoccupato della situazione irlandese, decise l'entrata in guerra. Inevitabile? Non sembra, però si percepisce come tutte le parti in causa vengano trascinate nella guerra totale, che nessuno voleva. Più sopra, nella citazione, Grey chiede a Churchill come si fa a portare in guerra una democrazia. Quello che mi ha colpito, soprattutto nei primi due episodi, è la totale assenza, anche come preoccupazione dei governanti, del popolo. Tutte le forze in gioco, salvo forse la Russia imperiale, erano variamente costituzionali; dalla Francia repubblicana agli imperi centrali, almeno uno dei quali dipendeva dal parlamento per i crediti di guerra. Nel libro che sto leggendo (rif. sotto) si parla di una guerra che per la prima volta coinvolse tutta la società degli stati belligeranti, senza però che essa fosse consultata precedentemente. Noi forse abbiamo in mente tutto il dibattito fra neutralisti e interventisti in Italia, dove però la decisione venne presa comunque ad alto livello, e intercorse un anno, mentre in questa fase trascorse poco più di un mese da un evento tutto sommato non eccezionale. Del tutto inutili, invece, sono i due "giovanotti", segretari presso i rispettivi ministeri su fronti opposti, il cui scopo è essenzialmente quello di raffigurare la gioventù che se va a morire (o a mutare radicalmente).
Di questa miniserie forse dovreste leggere un altro commento, per farvi un'idea.
Tornando a noi, invece, mi chiedevo oziosamente come sarebbe uno sceneggiato Rai che parlasse della nostra vicenda nazionale. La sceneggiatura sarebbe non meno promettente, con la possibilità di dare la voce anche al pubblico dibattito che si tenne allora, con colpi bassi e trovate ad effetto. L'Italia, incidentalmente, sempre secondo il libro che sto leggendo, fu l'unica ad avere uno scopo preciso nella guerra: dove altre nazioni miravano alla "sconfitta" del nemico, i fanti del Piave erano mossi dal sacro fuoco irredentista. Non so quanto i fanti fossero realmente mossi da questo impeto guerresco.
"How does an army of several millions men defeats another army of several millions men with all the metal they have these days at their disposal?"
(John Morley, 37 Days)
Per rispondere a questa domanda serve maggiore spazio, perché la Grande Guerra fu eccezionale sotto molti punti di vista. Mi aiuteranno nel viaggio un autore italiano, interventista disilluso dall'esperienza al fronte e da ciò che seguì nei successivi vent'anni, e un regista statunitense, con uno dei miei film preferiti.
Vi svelo intanto il titolo del libro a cui ho fatto riferimento: Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo di Emilio Gentile. Poco più di 200 pagine scritte in modo scorrevole e corredate da una nota storiografica e da molte fotografie e immagini complementari al testo. Il libro è recentissimo, chiaro, e ideale per chi cerca un'opera completa ma non troppo ponderosa sulla Grande Guerra.
La storia continua.
(Edward Grey, 37 Days)
Come scoppia una guerra mondiale? Sembra lecito chiederselo l'anno in cui ricorre il centenario dell'inizio della Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, uno dei tanti spartiacque della storia europea e fra i più sanguinosi. Come è iniziata? A scuola studiamo che l'Europa era una polveriera che esplose a seguito dell'assassinio dell'Arciduca d'Austria Franz Ferdinand a opera di un signor nessuno, il nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip, ma da qui a comprendere i meccanismi che erano in moto e le decisioni che hanno spinto le nazioni in una direzione piuttosto che nell'altra il salto è ampio.
Di questo tratta 37 Days, una graziosa miniserie di tre episodi della BBC. I trentasette giorni sono quelli intercorsi tra l'azione di Princip e la dichiarazione di guerra dell'Impero Britannico alla Germania. Su questi due stati la serie si focalizza, seguendo un certo numero di personaggi chiave su entrambi i fronti. Altre nazioni sono messe in secondo piano, soprattutto l'Austria-Ungheria che sembra eterodiretta dal Kaiser Wilhelm II, così come la reazione popolare agli eventi.
L'intento dell'opera, in effetti, mira a presentare al pubblico le ragioni che hanno provocato l'ingresso in guerra degli inglese e in questo riesce efficacemente, anche a costo di qualche semplificazione e una dose di parzialità. I tedeschi sono tutti un po' su di giri rispetto ai posatissimi inglesi (eccetto Churchill, allora a capo della Royal Navy); il Generale Moltke, capo di stato maggiore, sembra assetato di sangue. Il personaggio tedesco di maggiore rilievo, che storicamente gestì la crisi, il Cancelliere Bethmann-Hollweg, è più posato ma tiene nei momenti chiave sempre un atteggiamento ambiguo e non sempre coerente. Va da se che qui non si tratta di personaggi inventati ma di figure storiche, e che quindi il mio parere potrebbe essere stracciato dal primo studente di storia che passa, tuttavia non riesco a credere che i tedeschi al comando fossero degli invasati; o forse lo erano davvero? Resta il fatto che il personaggio di Edward Grey, ministro degli esteri britannico, pur non celandone le responsabilità, viene presentato come un perfetto gentleman vittoriano, mentre Moltke è un bulldog.
I ministri inglesi. Il secondo da sinistra è Grey, quello più a destra Churchill. |
In una cosa gli inglesi sono graziati dalle forbici dello sceneggiatura: le riunioni del consiglio dei ministri. Mentre sul fronte tedesco la questione del finanziamento viene liquidata con una battuta sui socialisti, oltre Manica viene dato ampio spazio alla sofferenza con cui l'organo esecutivo, che all'epoca era più preoccupato della situazione irlandese, decise l'entrata in guerra. Inevitabile? Non sembra, però si percepisce come tutte le parti in causa vengano trascinate nella guerra totale, che nessuno voleva. Più sopra, nella citazione, Grey chiede a Churchill come si fa a portare in guerra una democrazia. Quello che mi ha colpito, soprattutto nei primi due episodi, è la totale assenza, anche come preoccupazione dei governanti, del popolo. Tutte le forze in gioco, salvo forse la Russia imperiale, erano variamente costituzionali; dalla Francia repubblicana agli imperi centrali, almeno uno dei quali dipendeva dal parlamento per i crediti di guerra. Nel libro che sto leggendo (rif. sotto) si parla di una guerra che per la prima volta coinvolse tutta la società degli stati belligeranti, senza però che essa fosse consultata precedentemente. Noi forse abbiamo in mente tutto il dibattito fra neutralisti e interventisti in Italia, dove però la decisione venne presa comunque ad alto livello, e intercorse un anno, mentre in questa fase trascorse poco più di un mese da un evento tutto sommato non eccezionale. Del tutto inutili, invece, sono i due "giovanotti", segretari presso i rispettivi ministeri su fronti opposti, il cui scopo è essenzialmente quello di raffigurare la gioventù che se va a morire (o a mutare radicalmente).
Da sinistra: il Cancelliere, il Kaiser, il Generale. |
Di questa miniserie forse dovreste leggere un altro commento, per farvi un'idea.
Tornando a noi, invece, mi chiedevo oziosamente come sarebbe uno sceneggiato Rai che parlasse della nostra vicenda nazionale. La sceneggiatura sarebbe non meno promettente, con la possibilità di dare la voce anche al pubblico dibattito che si tenne allora, con colpi bassi e trovate ad effetto. L'Italia, incidentalmente, sempre secondo il libro che sto leggendo, fu l'unica ad avere uno scopo preciso nella guerra: dove altre nazioni miravano alla "sconfitta" del nemico, i fanti del Piave erano mossi dal sacro fuoco irredentista. Non so quanto i fanti fossero realmente mossi da questo impeto guerresco.
"How does an army of several millions men defeats another army of several millions men with all the metal they have these days at their disposal?"
(John Morley, 37 Days)
Per rispondere a questa domanda serve maggiore spazio, perché la Grande Guerra fu eccezionale sotto molti punti di vista. Mi aiuteranno nel viaggio un autore italiano, interventista disilluso dall'esperienza al fronte e da ciò che seguì nei successivi vent'anni, e un regista statunitense, con uno dei miei film preferiti.
Vi svelo intanto il titolo del libro a cui ho fatto riferimento: Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo di Emilio Gentile. Poco più di 200 pagine scritte in modo scorrevole e corredate da una nota storiografica e da molte fotografie e immagini complementari al testo. Il libro è recentissimo, chiaro, e ideale per chi cerca un'opera completa ma non troppo ponderosa sulla Grande Guerra.
La storia continua.
Interessante, lo vedrò quando finirò Gomorra. Io ho scritto un post sugli effetti della guerra sui soldati, se ti va, dacci un'occhiata.
RispondiEliminahttp://thatbionicgirlwithaheartofflesh.blogspot.it/
Visto! È abbastanza in tema con la seconda parte del post. ^^
EliminaVado sempre a nozze con queste tematiche, le adoro
RispondiEliminaGli inglesi di solito sono bravissimi nella costruzione di serie e miniserie televisive, in questo caso però mi sa che hanno peccato un peletto di nazionalismo.
RispondiEliminaIo ero rimasta sorpresa dalla mole di implicazioni dietro questa guerra studiando per l'università un libro, "XX secolo" (se non erro) di Lepre.
RispondiEliminaQuesta serie non l'ho vista, però sembra interessante.
Sì, i due giovanotti sono irritanti, specie il "tedesco" che ho trovato un po' forzato. Azzeccato il ruolo dello Zar, a tutti gli effetti "potenza imprevedibile" >_<
RispondiEliminaResta una bella serie, se non altro per lo sforzo di rendere interessanti ambasciate e burocrazia.
Vero, il vecchio Nicky.
EliminaSi vede che è uno sceneggiato della BBC, non oso immaginare quali orrori avrebbe prodotto la RAI! Ho ancora i brividi per la raccapricciante fiction su Einstein.
RispondiEliminaDici? Io sarei curioso di vedere il risultato! Certo, una RAI di altri tempi, non quella attuale... La fiction su Einstein non l'ho vista, ma immagino che da come ne parli non valga il tempo speso.
RispondiEliminaAh, va beh, se parli della vecchia RAI allora sì. Comunque diamo pane al pane e vino al vino: Nero Wolfe è stato realizzato veramente bene, va riconosciuto. Ma la fiction su Einstein è stata una roba terribile! Forse avrei dovuto avere dei sospetti, quando ho visto tra i produttori il nome di Claudia Mori...
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