mercoledì 8 gennaio 2014

Jack Vance e il ciclo della Terra Morente


Credevo di averci messo due anni ma Anobii giura (e spergiura) che si è trattato solo di un anno e quattro mesi. Non male per un'opera così importante per l'immaginario fantastico. È pensando a essa che qualcuno ha coniato l'etichetta science fantasy, genere ibrido tra fantasy e fantascienza. Lo stesso titolo, che racchiude in sé le atmosfere di questa ambientazione crepuscolare, ha finito per designare un sottogenere della fantascienza. In un futuro lontano, quando il sole è ormai una grossa stella agonizzante, lì lì per spegnersi del tutto (e portare con sé gran parte dei pianeti), i nostri ultimi discendenti conducono le loro vite nell'ultima, decadente era dell'umanità. La civiltà è sparsa, frammentata e decadente. Il sapere è racchiuso nelle mani di pochi uomini in grado di praticare la magia, la forma più alta di scienza. Le lande sono percorse da avventurieri mossi perlopiù da motivazioni futili, per il proprio immediato tornaconto o vaghi ideali.
Questa è la Terra Morente e merita una sosta lungo la nostra strada di mattoni gialli.

Jack Vance: la vita e le opere


Nasce il 28 agosto 1916 in California. Fin da giovane si appassiona inoltre alle riviste pulp, come Weird Tales e Amazing Stories, e ad autori come Edgar Rice Burroughs, Jules Verne e il mio adorato Lord Dunsany.
Terminati gli studi superiori e non potendo permettersi l'università, gira per il paese svolgendo i lavori più disparati (raccolta della frutta, operaio in una fabbrica di attrezzi minerari, minatore e addetto ai pozzi petroliferi). Si iscrive quindi all'Università di Berkeley, frequentando prima fisica e poi giornalismo, senza però terminare gli studi. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si arruola nella Marina mercantile e si imbarca. In questo periodo inizia a scrivere narrativa. Nel periodo tra gli anni cinquanta e i settanta lavora per un breve periodo come sceneggiatore per la 20th Century Fox. Viaggia quindi a lungo, fermandosi per pochi mesi in luoghi esotici dove scrive nuovi racconti e romanzi. Alla fine degli anni cinquanta, a New York, scrive sceneggiature per il piccolo schermo.
È scomparso il 26 maggio 2013 nella sua casa di Oakland, in California.
(Liberamente adattato da wikipedia.)

Jack Vance ha scritto oltre sessanta libri. Fra i più importanti cito il ciclo della Terra Morente, dei Principi Demoni, di Tschai e di Lyonesse. Come si può notare, la maggior parte dei suoi romanzi sono raccolti in cicli e appartengono al filone fantascientifico del planetary romance, in cui il tema originale è l'esplorazione di un pianeta e la scoperta delle sue meraviglie. Questa passione nasce probabilmente dalle sue letture giovanili, basti pensare al gran maestro del genere: Burroughs e il ciclo di Marte/Barsoom. L'unico altro suo libro che ho letto, Big Planet (in italiano L'odissea di Glystra), già dal titolo rende l'idea che il Pianeta Gigante sarà al centro della narrazione.
La sua capacità di descrivere civiltà aliene e culture lontane, spesso incomprensibili anche quando irrimediabilmente umane, è indubbiamente un tratto distintivo dei suoi romanzi. Lo stile compositivo di Vance è in apparenza semplice e lineare, ma non mancano strati sovrapposti e satire più o meno sottili. Il linguaggio, a quanto ho letto, varia molto a seconda dell'opera. Nel caso della Terra Morente è alto (ma non fastidiosamente aulico) e asciutto, ideale per l'ironia di fondo che accompagna le avventure di questi ultimi uomini.

La Terra Morente


Il ciclo della Terra Morente (Dying Earth) è composto da quattro libri: una raccolta di racconti e tre romanzi. Nel definirli "romanzi" sono in dubbio, vedremo più avanti perché. L'edizione omnibus della Orb riporta i titoli originali di pubblicazione. Più avanti mi riferirò a essi con il titolo della Vance Integral Edition. L'edizione digitale di molte sue opere (non credo tutte) è reperibile sul sito della Spatterlight PRESS, rigorosamente DRM-free. Le immagini presenti in questo post sono le eccellenti copertine realizzate dal'artista francese Li-An (il sito è in francese) per questa edizione.
In italiano dovrebbe essere facilmente reperibile l'edizione Fanucci.

Il primo libro è Mazirian the Magician, pubblicato nel 1950 come The Dying Earth. Sei sono i racconti presenti in questa raccolta, due dei quali abbastanza lunghi. Le prime storie sono legate da un filo sottile, che coinvolge alcuni personaggi, anche solo citati, nella parvenza di un affresco d'insieme di questa società lontana e crepuscolare. Qui i maghi la fanno da padroni. Turjan di Miir, alla ricerca del segreto della vita artificiale. Mazirian, protagonista della novella che dà il titolo al libro, disposto a tutto per accrescere le proprie conoscenze magiche. Pandelume, detentore di molta della sapienza che è andata persa nel corso degli eoni. Le trame dei primi racconti sono alimentate dalle ambizioni, spesso contrapposte di questi aristocratici depositari del potere e della conoscenza. Non mancano però gli avventurieri. T'sais, incapace di riconoscere ciò che è piacevole, e Liane il Viandante, un bandito vanitoso che è il prototipo di Cugel, protagonista dei successivi due libri. Si distingue l'ultimo racconto, in cui Guyal di Sfere lascia la casa paterna in una ricerca di conoscenza che va oltre i fini egoistici dei maghi, raggiungendo così una terra lontana dove si trova il Museo dell'Uomo e l'ultimo monumento alla civiltà umana.
Questo libro non è facile. I detrattori sostengono che le storie hanno a malapena qualcosa che si possa definire una trama. Io l'ho trovato molto poetico e certo, se non gli altri, questo è uno di quei titoli che rileggerò in futuro.

Il secondo libro è Cugel the Clever, pubblicato nel 1966 con il titolo The Eyes of the Overworld. Nonostante il suo indubbio fascino, questo Overworld è un elemento marginale mentre Cugel è il centro del romanzo. Cugel è un avventuriero arrivista e truffaldino, uno di quelli "bravi a cavarsela", destro e, almeno così ama ripetere, astuto. La verità è che finisce immancabilmente ingarbugliato nelle proprie macchinazioni o superato in acume da avversari altrettanto spregiudicati. È così che si ritrova all'estremità opposta del mondo conosciuto, in balia di un demone che non gli concederà pace fino a che non riporterà al mago Ioconu gli "occhi" a cui si fa riferimento nel titolo originale. La struttura è episodica e rende il libro più simile a una sequenza di racconti cronologicamente consecutivi che a un vero e proprio romanzo. Cugel affronta tutta una serie di disavventure, riuscendo a cavarsela per il rotto della cuffia e spesso a scapito di altri. Se i protagonisti di Mazirian the Magician erano, a eccezione di Guyal, vanitosi ed egoisti, Cugel è un vero e proprio antieroe. E tuttavia non possiamo che provare simpatia per la sua sfortuna, la sua avventatezza e il modo in cui riesce ad avere ragione di avversari spesso infidi e ottusi, quando non altrettanto spregiudicati - ma allo stesso modo si comporta verso le credenze e le strutture sociali altrui.
La lettura di questo libro si è rivelata più ardua. Manca una trama complessiva abbastanza forte da legare i racconti fra di loro. Arrivati alla fine, si è perso un po' di vista l'incidente scatenante di tutta quanta la vicenda. I racconti presi singolarmente sono gustosi, a tratti esilaranti.

Il terzo libro è Cugel: the Skybreak Spatterlight, pubblicato nel 1983 come Cugel's Saga. È la saga di Cugel. La seconda. Per una ragione che non spiegherò, l'avventuriero si ritrova al punto di partenza del precedente romanzo, con la complicazione che nel ritorno a casa si è inimicato tutti i popoli con cui è entrato in contatto. È quindi scelta obbligata prendere un'altra strada. Non che sia facile. Lo schema è lo stesso: c'è un oggetto magico legato all'Overworld, prima gli "occhi" e ora lo spatterlight del titolo, la motivazione principale è la vendetta. Questo Cugel è un romanzo più maturo, ma rispetto al precedente manca un po' di vitalità. Cugel stesso evita di diventare una parodia di se stesso, tanto più che non ripete quel suo "Non per niente mi chiamano Cugel l'Astuto!" ("They don't call me Cugel the Clever for nothing!") che era diventato una sorta di ritornello, ma la storia, nel complesso, mi è sembrata più fiacca. Perde rilievo il confronto di Cugel con la bizzarria delle comunità remote, mentre maggiore importanza hanno i duelli, verbali o condotti con una serie di reciproci tiri mancini, con l'avversario di turno: per un posto di lavoro, per la ricchezza, per ritornare a casa.
Forse mi aspettavo qualcosa in più della mera riproposizione dello stesso romanzo.

Il quarto e ultimo libro è Rhialto the Marvellous, pubblicato nel 1984. Il protagonista è Rhialto, un mago. Diversamente dagli altri maghi incontrati, opera all'interno di una società (cabal) di circa 15-20 incantatori. Poiché romanzo è suddiviso in tre lunghi racconti, credo sia opportuno presentarli uno per volta. In The Murthe strani fenomeni annunciano il ritorno di Llorio, potente maga che per poco non riuscì a realizzare il suo ideale tramutando tutti gli uomini in donne. In Fader's Waft, per discolparsi e punire i suoi detrattori, Rhialto intraprende un viaggio attraverso gli eoni del passato per recuperare l'unico documento contenente le leggi che rendono possibile l'esistenza della società dei maghi. In Morreion, un gruppo di maghi intraprende un viaggio su un lontano pianeta per rimediare a un antico torto e svelare uno dei misteri della loro arte. Se il primo racconto è un ritorno ai toni e alle atmosfere di Mazirian the Magician, il secondo è una riproposizione dello schema-Cugel, con la differenza non trascurabile che protagonista e antagonista praticano entrambi la magia. Il terzo racconto, invece, oltre a essere l'unico (se si eccettua il luogo indefinito dove risiede Pandelume) in cui qualcuno si allontana dalla Terra, è estremamente poetico e ha risollevato le sorti del libro. Un valido complemento alla raccolta originale, da conservare e rileggere.

Magia e creature della Terra Morente


Prima di chiudere, ci sono due aspetti che vanno almeno accennati. Il primo è la magia. Molti di voi saranno famigliari con la legge di Clarke (Arthur C.): "Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia." Nel suo ciclo Vance mette in pratica questa affermazione, presentando la magia come sviluppo futuro della scienza umana. È tuttavia una magia il cui studio è pratico, legato ai risultati di esperimenti portati avanti senza studiarne le basi, in perfetto accordo con lo scenario. Gli incantesimi spesso hanno nomi altisonanti e pomposi.
Se ve lo state chiedendo, nessuno spara dardi azzurrini dalle dita.
L'origine scientifico-matematica della magia non tragga in inganno: il ciclo è molto più fantasy che fantascientifico, anche per il tenore complessivo delle vicende narrate.

Un altro aspetto che ho tralasciato è quello delle creature che vivono sulla Terra. Uno dei tratti caratteristici dello stile di Vance è l'uso diffuso di invenzioni linguistiche. Durante la lettura incontriamo esseri che vengono a stento descritti: pelgraneerbdeodandminusculearchveult. Se per gli "archveult" esiste una spiegazione e una loro storia (ma non il significato esatto della parola, su cui ho trovato solo una ipotesi non particolarmente attendibile), lo stesso non si può dire per gli altri. Per alcuni possono aiutare il nome e la loro funzione (le/i "minuscule" sembrano essere piccole creature, forse artificiali, impiegate come forza lavoro dai maghi), per altri sappiamo solo, per esempio, che hanno le ali (le/i "pelgrane"), per altri si può solo sforzare l'immaginazione.
Se pensate di leggere Vance in lingua originale potrete apprezzare appieno il suo stile e le sue invenzioni, ma vi avverto che non è una lettura indolore.

16 commenti:

  1. Ho ricevuto per il compleanno l'edizione completa del ciclo della fanucci ed ho letto i primi tre volumi. Devo ammette che come le sa raccontare Vance, poche volte ho trovatto altrettanta bravura. Ma la storia in totale, a mio iper-modestissimo parere che per carità non metto assolutamente in dubbio il cultone che è, risente parecchio degli anni.
    Poi non ho capito come mai la storia di Cugel sia stata praticamente riscritta due volte... infatti i due volumi centrali della Fanucci sono praticamente identici, se non per il fatto che il secondo è molto più complesso e completo del primo.
    Non leggerò a breve l'ultimo libro che però mi sembra diverso dagli altri.

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    1. Tra i due "Cugel" trascorrono 20 anni, ma la trama principale è essenzialmente la stessa. L'impressione è che Cugel fosse il pretesto per approfondire meglio la Terra del futuro, l'altra metà. C'è da dire che forse sono proprio le sue avventure ad aver retto meno il trascorrere degli anni, mentre non ho avuto la stessa impressione con il primo libro (1966, ma è stato amore a prima vista) e, in parte, "Rhialto".

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  2. Tschai, per me, è il top di Vance. Ne ha scritti di più "profondi", ma il ciclo di Tschai è il più divertente e scorre via come acqua fresca.
    Il Moro

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    1. Grazie per la dritta che vedo di recuperare ;)

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    2. Ho in programma di recuperare, però nel secondo semestre, un altro dei cicli maggiori. Potrebbe essere Tschai, che se la batte con Lyonesse e i Principi Demoni!

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  3. Non sono un gran fan di Vance (vedere sul blog per credere :-)), pero 'sto post m'ha quasi (quasi!) fatto venir voglia di leggerlo.

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    1. Ho letto e mi sono andato a leggere anche un'altra discussione, sulle pagine di IFeT, in cui esprimevi alcune critiche. Mi riservo di leggere qualcos'altro per un giudizio complessivo. Però credo che almeno ai primi racconti tu possa dare una chance! ;)

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  4. Da vecchio fan di Vance mi sento di consigliare anche la trilogia di Durdane. Una vera chicca! Ciao!

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    1. Andrà a finire che mi leggerò un paio di suoi libri ogni anno! Ora che ho scoperto queste belle edizioni digitali, è inevitabile.

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  5. So che non c'azzecca niente (mi perdonerai spero) ma per la tua gioia ti ho taggato qui: http://librangoloacuto.blogspot.it/2014/01/thank-you-tag.html So quanto ti piacciono i meme. Sarà un meme poi? Vabbè, quello che è xD

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  6. Mi manca, a essere sincero. O forse ho letto qualche suo racconto, adesso che ci penso, sparso qui e lì. Ma temo non fossero poi così memorabili, se neanche me ne ricordo.

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  7. Bella panoramica sull'opera di Jack Vance (e sulla parte che mi piace di più). Concordo sul fatto che a volte i suoi "romanzi" siano lunghi viaggi dove il protagonista scopre nuove meraviglie e avventure, con solo un modesto filo conduttore, tuttaviaogni cosa che riguarda il buon vecchio Cugel è piacevole per me.
    Quanto alle creature della Terra Morente dev'esserci qualcosa di più nel GDR a essa dedicato.

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    1. Qualcosa c'è anche nella vecchia manualistica di D&D. Si parla degli anni '70. In uno dei tre volumi di All the Worlds' Monsters, per esempio, si trovano erb e deodand, e credo sia materiale mutuato dal GdR della Terra Morente.

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