lunedì 14 marzo 2016

Uomini d'acciaio, intellettuali e supercattivi

Il 2016 sarà l'anno dei supereroi che se le danno di santa ragione. Fra pochi giorni uscirà Batman v Superman, mentre a maggio sarà il turno di Captain America - Civil War. Se da una parte penso che i due supereroi DC abbiano raggiunto da decenni il rango di icone pop e, nonostante le molteplici metamorfosi sulla carta e sul grande schermo, suscitino un enorme interesse per il solo fatto di vederli in un unico film, dall'altra la Disney/Marvel ci ha abituati negli ultimi anni a un universo cinematografico (il Marvel Cinematic Universe o MCU) sempre più interconnesso e ricco, tanto che è difficile prevedere quale dei due andrà meglio. C'è chi dice che il vero fenomeno sia invece Deadpool, un prodotto a costo relativamente basso che punta più sul lato divertente dei fumetti, anziché questi kolossal fin troppo ridondanti. Non è un mistero tuttavia che l'MCU sia costruito sui grassi introiti di un pubblico che non sembra averne abbastanza, di supereroi. Ma non è dei film americani che vorrei parlare, poiché l'uscita che mi ha colpito di più, in questo 2016, è un film italiano: Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.


Lo chiamavano Jeeg Robot è ambientato in Italia. Nella capitale, per la precisione. Enzo Ceccotti è un ladruncolo di Tor Bella Monica, ridotto a vivacchiare grazie a piccoli crimini, che grazie a una contaminazione da manuale si ritrova dotato di superpoteri: diviene fortissimo e in grado di rigenerarsi molto rapidamente. Il primo istinto tuttavia lo porta a rapinare una banca, in modo rocambolesco e molto poco eroico, segno che probabilmente non basta un grande potere per accendere in un uomo ormai non più giovane la consapevolezza di avere una grande responsabilità (ammesso poi che in un adolescente sia più facile). Enzo così continuerebbe a vivere alla giornata, se non fosse che incontra Alessia, figlia del suo ultimo "datore di lavoro", ossessionata dall'anime di Go Nagai Jeeg Robot, di cui vede in Enzo il protagonista Hiroshi Shiba. Come se non bastasse, il padre di Alessia era coinvolto in un'operazione malavitosa tra un clan camorrista e un piccolo boss locale, lo Zingaro, e ci vorrà poco affinché la situazione di Enzo si complichi e lo porti, in qualche modo, sulla strada del cambiamento.

Lo chiamavano Jeeg Robot, intendiamoci, è un film per certi versi da manuale: ci sono l'acquisizione dei superpoteri, un villain eccentrico, la scena finale dell'eroe di notte su un edificio imponente... È allo stesso tempo un film italiano al 100%, che Hollywood difficilmente potrebbe sfornare, con un livello di autenticità, nei personaggi nelle situazioni, che mi ha sinceramente colpito. Se a questo aggiungiamo un ottimo comparto tecnico, una buona recitazione e musiche non banali, lo considero in grado di rivaleggiare senza troppa timidezza con i colossi del genere. Magari non sarà un capolavoro, ma del resto non lo sono nemmeno gli Avengers.

Qui sembra Terry Pratchett
La figura di Enzo Ceccotti, però, mi offre un'appiglio per affrontare un tema di cui ha già scritto tempo fa qualcuno di più competente, che nonostante fosse considerato un uomo di alta cultura i fumetti non li disdegnava: Umberto Eco. Di lui si è scritto tanto, a seguito della morta, comprese alcune cose che personalmente non conoscevo, come il fatto che fosse appassionato di alcuni fumetti. In particolare, in un articolo del Post ho scoperto un altro articolo, d'annata, pubblicato sul Corriere della Sera nel 1963, in cui egli faceva una critica molto interessante ai supereroi e in particolare a Superman.

La questione è molto semplice e si basa sulla premessa che i giovani, principali lettori di questo genere fumettistico, possono essere educati a un pensiero meno consapevole dei problemi e delle criticità della loro società se le loro figure di riferimento non se ne preoccupano. La critica non è molto sottile, perché prende di petto la questione: perché Superman, con i suoi poteri mostruosi, spreca il suo tempo a combattere la malavita e non si impegna invece a salvare le zone depresse del globo, che più di altre potrebbero godere di un aiuto sovrumano? In qualche modo, l'esistenza dei supercattivi sostituisce il ruolo che nella nostra vita hanno i grossi problemi della società, perché chi minaccia di inquinare le nostre acque è la criminalità organizzata, non il Joker, e l'italiano medio è più facile che si scontri con la disoccupazione o il caro vita, piuttosto che con un essere dai poteri strani. E questo è terribilmente sensato, nonostante uno potrebbe chiedersi quale sia il reale interesse che possa suscitare un eroe "sociale", come un Superman che sventa il disastro ambientale ripulendo una costa dal petrolio o un Dottor Xavier impegnato a combattere la corruzione nella pubblica amministrazione. Sono idee che fanno sorridere, in quanto di narrativa di intrattenimento si parla, tuttavia è indubbio che questa sostituzione c'è stata e da adulto non provo le stesse emozioni guardando Man of SteelWatchmen, in cui di implicazioni politiche e filosofiche ce ne sono fin troppe.

In questo, cosa c'entra Enzo Ceccotti? In qualche senso, è un supereroe adulto, un personaggio completo molto distante da quelli proposti al cinema di recente. Il suo problema più immediato è comprarsi il cibo e starsene in pace... sopravvivere, in un posto dove molti suoi amici di infanzia hanno fatto una brutta fine. Il suo problema non è combattere la camorra, e nemmeno il villain del film, ma portare a casa una quantità di denaro sufficiente a soddisfare i propri bisogni ed essere lasciato in pace. È un supereroe che i suoi poteri li usa male per buona parte del film e in tutta la prima metà ne abusa. Non è politicamente impegnato o ambientalista, per cui i problemi che vede sono quelli che si troverà effettivamente ad affrontare, e in questo è molto diverso da quello che potrebbero fare Superman o Spiderman, che al contrario sono persone istruite e presumibilmente consapevoli dei problemi della società.

La domanda spontanea, in uno scenario di supereroi consapevoli, è che cosa potrebbe succedere. C'è qualche opera in cui si prova a immaginare uno scenario simile, penso al già citato Watchmen di Alan Moore, ma a dire il vero è più un'opera di Moore che un fumetto di supereroi. Forse rientra nell'etica del supereroe, il non lasciare al proprio arbitrio la facoltà di modellare la società grazie ai propri poteri, ma in qualche modo questa risposta non mi sembra così convincente, poiché il punto è se un supereroe possa (o debba) essere un personaggio senza idee politiche, intese nel senso più ampio del termine, non se la sua storia debba (o possa) esserlo.

10 commenti:

  1. Negli ultimi anni ho visto molti film sui supereroi e pochi sono stati capaci di convincermi (quasi) del tutto. Mi piacciono i personaggi complicati e il protagonista di "Lo chiamavano Jeeg Robot" lo è sicuramente.Nonostante i poteri, resta "uno di noi", con tutti i suoi problemi, i vizi e le contraddizioni. Buono e capace di grandi gesti, preferisce spesso essere "cattivo" e "sbagliato", perché così è sempre stato. Un supereroe pienamente calato nel suo contesto: romano che più romano non si può e allo stesso tempo universale nel suo essere "umano" con il solo obiettivo, come tutti, di cavarsela.

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  2. Io credo che "Lo Chiamavano Jeeg Robot" possa rappresentare un bel segnale, soprattutto perché disegna una figura credibile, un personaggio totalmente iscritto nella realtà italica. Adesso speriamo perlomeno che il pubblico lo premi!

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  3. L'ho visto e mi è piaciuto. In effetti l'ho trovato più profondo rispetto a molti film americani in cui c'è solo lo scontro fra supereroe e supercattivo secondo una modalità abbastanza fine a se stessa.

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  4. Molto bella questa analisi: non ho ancora visto il film, penso che lo farò anche per i molti giudizi positivi espressi dagli amici blogger.
    Mi ha colpito molto la tua chiusa. Mi vien da rispondere che la differenza sta proprio nel tipo di società - americana - in cui "operano" i classici supereroi. La necessità è di opporsi al Nemico che impersonifichi paure e deliri dei "buoni", tutti uniti e fratelli. Dimenticando i guai personali, ché alla fine son gli stessi ovunque: portare a casa la pagnotta :P

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  5. "Un supereroe pienamente calato nel suo contesto". Non avrei saputo dirlo meglio. Un personaggio completo e credibile, nonostante i superpoteri!

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  6. Mi sembra che le recensioni siano tutte positive. Spero che abbia anche il successo di pubblico che merita! Io sono andato a vederlo in settimana e la sala era quasi piena.

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  7. "Fine a se stessa" rende bene l'idea, poiché la problematica nasce e si risolve all'interno del film (o del fumetto), mentre in un personaggio come quello di Enzo potremmo riconoscere qualcosa di nostro. Ok, forse non tutti, poiché io e lui abbiamo una storia diversa e viviamo in un contesto molto differente, ma proprio per la credibilità di questo personaggio mi è più facile riconoscere in lui un essere umano con i suoi pregi e difetti (molti).

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  8. In qualche modo in alcuni casi il problema della pagnotta traspare, penso ad esempio alle difficoltà finanziarie di Peter Parker, ma è sempre abbozzato e non calato nel contesto sociale (o storico) in cui l'eroe vive. Perché Batman e Spiderman, lasciando stare il fatto che sono pubblicati da due editori diversi, avranno per forza idee, valori e bisogni differenti, essendo l'uno un reporter perennemente in bolletta e l'altro un plurimiliardario.

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  9. Forse Umberto Eco lo prendeva un po' troppo sul serio, quel Superman lì... comunque i supereroi erano stati arruolati in massa durante la guerra, roba che uno si chiede come mai non l'hanno vinta in una settimana. E Wonder Woman ai primi tempi insisteva di brutto con i diritti delle donne, prima che venisse trasformata in un'eroina addomesticata... quindi i supereroi non sono stati sempre rinchiusi a doppia mandata in un mondo fantastico.

    Se poi un supereroe debba o possa avere idee politiche, credo che ci si debba andare piano visto che il tema si presta più alla frivolezza che ai discorsi seri, anche se qualcuno è riuscito a rompere questo schema... Il film/racconto di supereroi "politico" qualcuno è riuscito a farlo bene (Watchmen) qualcuno ci ha provato a metà e secondo me non ci è riuscito benissimo (il terzo Batman di Nolan, quello con il tamarro con la museruola in faccia che si trincera dentro la città e fa il processo ai ricchi e ai potenti) anche se il film ha avuto successo economico.

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  10. Eco prendeva sul serio l'argomento anche perché scriveva negli anni '60 di supereroi la cui Golden Age si estende per decenni molto turbolenti, dal punto di vista politico. Al di là del coinvolgimento di Capitan America durante la guerra, ha senso anche chiedersi come Superman si ponesse di fronte al maccartismo, in un periodo non facile per la nazione che gli ha dato i natali. Anche solo come idee, non necessariamente pensando un coinvolgimento diretto dei supereroi, perché se agendo si potrebbe creare una situazione alla Watchmen, è naturale che le idee ci siano eccome.

    Sulle scelte di Nolan, invece, forse ci sarebbe da aggiungere che molti hanno visto in Bane una satira al movimento #occupy.

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