Di recente ho letto Catena Alimentare di Stefano Tevini, editore Lambda House.
Quando l'ho iniziato, mi ero fatto tutt'altra idea su dove l'autore sarebbe andato a parare. Mi sono quindi trovato spiazzato due volte: la prima perché ne avevo letto una presentazione e non mi aspettavo che si partisse solidali con un protagonista negativo, un antieroe, al culmine della sua ascesa sociale, la seconda perché non mi aspettavo che la storia tornasse invece subito alle origini in cui Gootchi è un signor nessuno, una nullità senza grinta in un mondo in cui sembra destinato a essere schiacciato. Da qui, grazie all'aiuto di un personal coach, assistiamo alla sua crescita e all'emergere del predatore sopito dentro di lui, fino all'epilogo che lascia una terza volta spiazzati - ma questa volta un po' me l'aspettavo - e si ricollega all'inizio. Lo scenario è quello di un mondo andato oltre, senza più stati (falliti) né leggi, ma governati, se si può dire, da chi ha e da chi può, dove il peso contrattuale dell'individuo, in qualsiasi contesto, è determinato dalle risorse di cui dispone. In qualche modo questo mondo va avanti e personaggi senza scrupoli sono ai vertici della società, dove denaro, spregiudicatezza e reputazione sono le tre monete che garantiscono il successo, almeno fino al prossimo colpo di scena. Manco a dirlo, Gootchi risale questa sanguinosa catena alimentare in una sorta di parabola negativa, raccontandoci senza filtri le nefandezze di un mondo senza più leggi né morale.
La scrittura di Tevini è veloce e scorrevole, non edulcora nulla e arriva dritta al punto. E fa male. Ma è giusto che lo faccia, altrimenti la distopia sarebbe un genere senza senso e non porrebbe nessun dubbio sui prodromi riconoscibili intorno a noi di un futuro che sarebbe altrimenti troppo estremo e lontano da averne il timore.
Di Tevini avevo già letto anche Testamento di una maschera e Storia di cento occhi, ma commentato qui solo il primo (lo trovate seguendo i tag, insieme a un'intervista all'autore).